Il titanio è uno degli elementi più comuni in natura (il nono) e presente, in maniera più o meno importante, in tutte le rocce. Da un punto di vista economico sono tuttavia solo due le forme minerali che rivestono un particolare interesse: l’ilmenite (FeTiO3) e il rutilo (TiO2), quest’ultimo già in forma di biossido. (biossido di titanio)
L’ilmenite, contenente mediamente il 50-60% di TiO2 in funzione del giacimento di provenienza, è estratta principalmente in Norvegia, USA, Russia (dai monti Ilmen, a sud della catena degli Urali, da cui prende il nome lo stesso minerale), Canada, Sud Africa, Malesia e India.
Il Rutilo minerale, molto meno diffuso in natura dell’ilmenite, ha un contenuto di circa il 95% in TiO2. I giacimenti si trovano principalmente in Norvegia, Australia, Sud Africa.
Una materia prima semi-lavorata è costituita dalle scorie titanifere, ottenute dalla manipolazione del minerale di ilmenite da cui viene estratto il Fe. A livello di processo sono equiparabili alle ilmeniti, fatto salvo che il contenuto in titanio può essere superiore al 90%.
La lavorazione di queste M.P. porta alla produzione delle due principali applicazioni di questo elemento: il biossido di titanio (TiO2) e il titanio metallico (Ti).
Il biossido di titanio puro è considerato pigmento quando possiede concentrazioni superiori all’80% ed un cristallo delle dimensioni di 0.2 – 0.4 micron; ridotto in polvere presenta una proprietà fisica di grande interesse commerciale: grazie al suo alto indice di rifrazione – il più alto tra tutti i pigmenti e prossimo a quello del diamante – e congiuntamente alle dimensioni dei suoi cristalli, non assorbe la luce visibile.
Ne consegue che il suo potere coprente (anche detto opacizzante), forza decolorante, brillantezza, resistenza al calore, insolubilità, lo rendono il pigmento più versatile nelle diverse applicazioni e quindi il più utilizzato al mondo.
Impieghi del biossido di titanio
Le principali applicazioni del biossido di titanio sono rappresentate nelle produzione di vernici, smalti (coating), plastica, e carta. Una piccola ma fondamentale parte è utilizzata nell’industria degli inchiostri.
Viene ampiamente utilizzato anche in prodotti specializzati: è resistente ai raggi UV e quindi non scolorisce per un lungo periodo di tempo e i gradi ultra-puri e fini del biossido di titanio cristallino sono sempre più utilizzati per schermature solari.
È inoltre destinato a nuove applicazioni in nanotecnologia.
Quantità molto più piccole di biossido di titanio sono usate come semiconduttori e per catalizzare la foto decomposizione dell’acqua in idrogeno e ossigeno.
Grazie anche ad un’alta costante dielettrica e un’alta resistenza, è usato per produrre condensatori.
Il forte legame tra titanio e ossigeno conferisce grande stabilità termica (T fusione pari a 2100°C) ed è quindi utilizzato come materiale ceramico.
Viene inoltre utilizzato per aumentare la resistenza agli acidi degli smalti vetrosi.
Una piccola parte è utilizzata come colorante e o come eccipiente alimentare (E171).
Produzione annuale di Biossido di titanio
Mondo | 5,7 milioni di tonnellate1 |
Cina | 2,7 milioni di tonnellate2 |
U.S.A. | 1,3 milioni di tonnellate1 |
Europa | 1,3 milioni di tonnellate1 |
2018 Elements of the Business of Chemistry, American Chemistry Council.
Produzione del biossido di titanio
Due sono i principali processi produttivi.
- Via solfato, basato essenzialmente sull’attacco dell’ilmenite (minerale) con acido solforico concentrato (oleum).
- Via Cloro, che per l’attacco del Rutilo (minerale) utilizza il cloro in forma di gas.
La tabella successiva riassume i principali vantaggi e svantaggi dei due processi.
Ogni grande produttore di biossido di titanio bilancia la sua produzione tra i due processi. Entrambe le tipologie di processo producono l’ossido sotto forma di cristallo di rutilo, ma se il prodotto finito realizzato con quello via cloro può essere solo TiO2-rutilo, quello del via solfato può avere anche la forma di TiO2-anatasio, con proprietà diverse e destinato ad un piccolo gruppo di applicazioni specialistiche.
Entrambi i processi hanno fasi in batch e fasi in continuo.
Si stima che il 65% circa della produzione industriale sia via cloro.
Processo via solfato | Processo via cloro |
Tecnologia consolidate e semplice | Nuova tecnologia |
Utilizzo di scorie/minerali più economici | Utilizzo di rutilo minerale, più raro e più costoso delle scorie |
Grandi quantità di rifiuti di processo dovuti alla neutralizzazione dei solfati | Piccolo quantità di rifiuti ma problematiche di sicurezza connesse all’utilizzo del gas gas cloro. |
Controllo dell’inquinamento: 1. Neutralizzazione effluenti acidi con formazione di gessi 2. Ri-concentrazione degli effluenti acidi Entrambe costose | Semplicità ed economicità nel recupero del Cloro |
Produce pigmenti sia di anatasio che di rutilo | Produce solo pigmenti di rutilo |
Il processo via solfato
La chimica del processo prevede sei fasi principali:
- attacco del minerale
- formazione di biossido di titanio idrato
- formazione di biossido di titanio anidro
- macinazione agglomerati e particelle
- rivestimento inorganico
- finitura (macinazione)
(a) Attacco del minerale
Il minerale usato è di solito ilmenite, FeTiO3. Viene macinato finemente e fatto reagire con acido solforico per formare una miscela di solfati:
Al fine di garantire che nelle fasi successive il ferro sia separato dal titanio (è un pericoloso inquinante con effetti gravi sul colore finale del pigmento), è necessario che tutto il ferro presente nella soluzione sia sotto forma di Fe2+. A tale scopo può essere utile aggiungere alla soluzione del ferro metallico per ridurre il Fe3+ presente, secondo la reazione
La soluzione viene fatta decantare, in modo che il solido non reagito si depositi.
Se debitamente trattato in un processo parallelo, il liquor può subire una ulteriore raffinazione che porta alla cristallizzazione e successiva separazione dei cristalli di Solfato ferroso. Un co-prodotto (verde-chiaro) venduto separatamente.
Una successiva filtrazione (press-filter) elimina il restante residuo dal liquido così perfettamente chiarificato. In questa fase la soluzione (Solfato di titanile – TiSO4) si presenta con un colore fortemente scuro (black-liquor).
(b) Formazione di biossido di titanio idratato
La fase successiva prevede l’idrolisi del solfato di titanile che si trasforma in biossido di titanio insolubile e idratato:
Questa è una fase critica e le condizioni devono essere controllate per garantire che il precipitato sia adatto alle successive fasi di filtrazione e calcinazione.
(c) Formazione di biossido di titanio anidro
La fase finale del processo è il riscaldamento del solido in un forno, noto come calcinatore. Si tratta di un cilindro rotante inclinato, che viene tipicamente riscaldato da combustione con metano. Mentre il cilindro ruota, il biossido di titanio passa lungo di esso e la sua temperatura sale da 313°, quando entra, a oltre 900°C (in caso di temperature troppo alte si forma la brookite, per il processo molto pericolosa) quando esce:
Il riscaldamento fa evaporare l’acqua e decompone l’acido solforico rimasto nel solido. Dopo il raffreddamento, il prodotto viene “macinato” per formare le particelle delle dimensioni necessarie.
Queste fasi (Macinazione, rivestimento, finitura) sono fondamentali per far emergere le qualità ottiche del biossido di titanio. Senza un’adeguata fase di macinazione oppure con un rivestimento non corretto, il prodotto non avrebbe quelle caratteristiche finali che lo contraddistinguono come il miglior pigmento esistente.
Le particelle devono anche essere rivestite con altre sostanze, come l’ossido di alluminio o la silice, per rendere possibile la miscelazione del biossido di titanio con i veicoli di utilizzo (resine, acqua, glycol o cosa previsto) liquidi o per far durare più a lungo le vernici ad acqua che ne derivano.
Questo rivestimento si ottiene disperdendo il prodotto secco del calcinatore in acqua contenente le sostanze chimiche di rivestimento disciolte che precipitano dalla soluzione sui cristalli di TiO2 in funzione del diverso pH della soluzione. Il rivestimento è di solito tra il 3 e l’8% in peso nel pigmento essiccato finale. Questo rivestimento si ottiene cambiando la temperatura e il pH della soluzione. Ogni cristallo di TiO2 deve essere rivestito uniformemente per massimizzare l’efficacia del rivestimento. I cristalli di TiO2 rivestiti vengono filtrati dall’acqua ed essiccati prima di essere imballati per la spedizione al cliente finale.
La finitura finale è uno step decisivo del processo. Gli agglomerati che si sono formati nei vari steps precedenti devono essere eliminati altrimenti, nelle applicazioni finali si presenterebbero dei difetti che renderebbero il materiale, plastica o vernice o inchiostro che sia, assolutamente inutilizzabile. Questi step finali valgono anche per il processo via cloro.
Il processo del cloruro
Ci sono due fasi principali:
- la conversione del rutilo in cloruro di titanio (IV)
- l’ossidazione del cloruro di titanio (IV)
a) La conversione del rutilo in cloruro di titanio (IV)
Il rutilo viene immesso in un letto riscaldato insieme a una fonte di carbonio, di solito coke. Il cloro viene immesso nel letto e la reazione avviene per formare cloruro di titanio (IV) sotto forma di vapore che viene rimosso dal letto. Il ferro e altri metalli del minerale sono clorurati e lasciano il letto allo stato di vapore. L’ossigeno nei minerali si combina con il carbonio per formare monossido e biossido di carbonio. La corrente di vapore viene raffreddata e i cloruri metallici diversi dal cloruro di titanio (IV) vengono condensati e solidificati. Il vapore di cloruro di titanio (IV), che contiene cloruro di titanio (IV) quasi puro ed ha un punto di ebollizione inferiore, viene poi condensato e immagazzinato come liquido. Viene poi ribollito e distillato per dare un prodotto più puro da alimentare alla fase successiva.
b) L’ossidazione del cloruro di titanio(IV)
Il cloruro di titanio (IV) liquido viene vaporizzato e bruciato in ossigeno, insieme ad una fonte di combustibile idrocarburico (per esempio, il metano) ad una temperatura elevata per avviare la reazione e mantenere la temperatura abbastanza alta da far procedere la reazione:
Il biossido di titanio si forma (aggiungendo del germe come punto di accrescimento) come solido fine nel flusso di gas e viene filtrato dai gas di scarico mediante cicloni o filtri. Ancora una volta il controllo della crescita dei cristalli è importante per dare particelle della giusta dimensione ai pigmenti. Questo viene fatto aggiungendo agenti nucleanti al flusso di gas (ad esempio acqua o cloruro di alluminio) e raffreddando i prodotti. Il cloro nel cloruro di titanio (IV) viene rilasciato e riciclato nella fase di clorazione del processo di cui sopra. Il prodotto contiene piccole quantità di gas di cloro assorbito che vengono rimosse. Il prodotto viene lavato ed essiccato prima della macinazione e del trattamento superficiale in modo identico a quello utilizzato nel processo al solfato descritto.
Modificato da Francesca Caprioli il 6 novembre 2020
Tradotto da Valter Ballantini il 7 novembre 2020
Foto in alto di Jean-Philippe Delberghe su Unsplash