La distillazione viene usata per separare i componenti liquidi di una miscela sfruttando le differenze tra i punti di ebollizione dei componenti stessi.
La tecnica di distillazione è ampiamente utilizzata nell’industria, ad esempio viene impiegata nella produzione e nella purificazione di azoto, ossigeno e dei gas nobili. Uno dei suoi impieghi più noti è nella raffinazione del petrolio greggio nelle sue frazioni principali, tra cui nafta, cherosene e gasolio. Il processo, descritto in dettaglio di seguito, costituisce la prima fase della conversione del petrolio in composti poi utilizzati per la produzione di qualsiasi prodotto, dalla plastica ai medicinali.
Distillazione del petrolio greggio
Il petrolio greggio è una miscela di molte centinaia di idrocarburi allo stato liquido. In esso sono disciolti anche molti altri idrocarburi, alcuni dei quali sono solidi ed altri gas (questi sono gli alcani più leggeri, prevalentemente metano ed etano, ma spesso anche propano e butano). In alcuni casi, sopra il greggio possono stratificarsi alcuni idrocarburi leggeri che si trovano allo stato gassoso, come ad esempio accade in alcuni giacimenti petroliferi nel Mare del Nord.
Nelle raffinerie il greggio viene distillato raccogliendo più frazioni liquide con differenti intervalli di punti di ebollizione, che vengono poi ulteriormente lavorate.
Il petrolio greggio viene introdotto in una caldaia e portato ad una temperatura di circa 650 K. La miscela ottenuta, sotto forma di vapore, alimenta una torre di raffinazione (o colonna di frazionamento) che può avere un’altezza di 25-100 m e può gestire volumi di oltre 40 000 m3 di greggio al giorno. La colonna di distillazione può contenere 40-50 piani separati tra loro da piatti forati in acciaio posti orizzontalmente, “piatti a setaccio”, progettati per garantire un’intima miscelazione tra il liquido discendente, formatosi per condensazione, e il vapore ascendente. Per realizzare questo stretto contatto, i piatti hanno dei fori (“il setaccio”) attraverso i quali il vapore fluisce verso l’alto miscelandosi con il liquido che si raccoglie nei piatti superiori e poi ricade verso il basso per stramazzo (Figura 2).
In alternativa ai fori semplici, nei piatti ci possono essere dei fori assai più grandi con sopra montate delle valvole, che si sollevano quando la pressione del vapore sotto il piatto è maggiore della pressione sopra (Figure 3 e 4). Questo tipo di piatti, detti a valvola, sono più efficienti nel frazionamento rispetto ai piatti forati.
Nella colonna di frazionamento esiste un gradiente di temperatura: la parte superiore è più fredda di quella inferiore. Quando il vapore ascendente raggiunge un piatto contenente un liquido la cui temperatura è inferiore al punto di ebollizione di alcuni componenti del vapore stesso, esso parzialmente condensa. Quando una parte del vapore condensa in un liquido, il calore latente dissipato riscalda il liquido, e i componenti più volatili del liquido evaporano unendosi al vapore rimanente e incominciano a salire lungo la colonna. Il liquido, costituito dai componenti meno volatili, scorre attraverso i fori del piatto oppure cade per stramazzo e si ferma nel piatto sottostante.
Questo processo avviene in modo continuo in ogni singolo piatto: i componenti meno volatili del vapore si condensano e quelli più volatili evaporano. Ciò porta alla raccolta in ogni piatto di una miscela di idrocarburi con un intervallo di punti di ebollizione relativamente ristretto (chiamato “taglio” o “frazione”). Per lo stesso motivo, nei piatti in cima alla colonna si raccolgono gli idrocarburi a più bassa massa molecolare (punti di ebollizione più bassi), mentre gli idrocarburi a più alta massa molecolare e punti di ebollizione maggiori si raccolgono vicino al fondo (Figura 5) rendendo la distillazione efficace.
La frazione più pesante del greggio, quella con le temperature di ebollizione più alte, viene poi trasferita in un’altra colonna e distillata sottovuoto; abbassando la pressione si riduce la temperatura di ebollizione dei vari costituenti e si garantisce che distillino a temperature inferiori alla loro temperatura di decomposizione. Con questo processo si ottengono oli lubrificanti e cere. Il residuo finale del processo è il bitume.
Nella Tabella 1 sono schematizzate le principali frazioni raccolte dalla distillazione frazionata del petrolio greggio. I costituenti del petrolio greggio variano da un giacimento all’altro (ad esempio, la percentuale di nafta nel petrolio del Mare del Nord è notevolmente maggiore di quella del petrolio del Medio Oriente), per cui i valori indicati sono solo approssimativi.
Impeghi | Numero di atomi di carbonio | ||
Testa | Gas (Teb <300K) 1-2% | Vapore non condensato raccolto in cima alla colonna. Utilizzato come combustibile in loco oppure come combustibile liquefatto GPL. Impiegato anche come materia prima per la produzione di numerosi prodotti | 1-4 |
Nafta leggera (Teb 300-470K) 15-30%; Nafta pesante (Teb 403-493K) 5-10%; | Materia prima di benzina e prodotti chimici (pirolissi) | 5-10 | |
Temperatura in colonna decrescente (freccia su) | Cherosene (Teb 450-530K) 10-15% | Materia prima per la produzione di carburante per aeroplani, paraffine e uso domestico (stufe) | 10-16 |
Gasolio e gasolio pesante (Teb 530-620K) 15-20% | Utilizzato come carburante (diesel) e nella miscelazione dell’olio combustibile. Materia prima per prodotti chimici (catcracking). | 14-20 | |
Coda | Residuo della distillazione a pressione atmosferica 50% | Per riscaldamento industriale e materie prime per la distillazione sottovuoto. Da questa si ottengono materie prime per il cracking catalitico oli lubrificante. Cere e bitume. | >20 |