Perché la chimica verde o green chemistry e cosa vuol dire?
Gli ultimi decenni del XX secolo hanno visto crescere le preoccupazioni riguardanti l’impatto dell’industria nei confronti dell’ambiente che includono le piogge acide, l’aumento dei livelli di gas serra, la presenza di fertilizzanti nei corsi d’acqua, le atmosfere inquinate delle città e il buco nell’ozono. Per far fronte a questi problemi negli ultimi 50 anni sono state prese diverse misure finalizzate a garantire la riduzione degli effetti negativi che la produzione di prodotti chimici possono avere sull’ambiente. Nonostante ciò, molti cittadini, i consumatori stessi dei prodotti, associano ancora l’industria chimica ai peggiori tipi di inquinamento. Non c’è dubbio che ci siano ancora molti aspetti da migliorare, ma nel complesso ci sono stati cambiamenti significativi nel funzionamento dell’industria chimica che sono stati progettati per ridurre l’impatto sull’ambiente.
Il riconoscimento della necessità di ridurre gli effetti negativi dell’industria chimica sull’ambiente per salvaguardare le generazioni future è stata la forza trainante dello sviluppo della chimica verde. Non si tratta di un ramo separato della chimica, ma di un approccio che permea ogni fase dello sviluppo del processo. I concetti della chimica verde possono essere riassunti in una sola parola: sostenibilità. Per questo motivo molto spesso si parla anche di chimica sostenibile. Il concetto di sostenibilità è stato introdotto per la prima volta nel rapporto di Brundtland nel 1987 e poi ripreso nella conferenza mondiale sull’ambiente e sullo sviluppo dell’ONU: “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la necessità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Questa definizione mette in luce il fatto che lo sviluppo è necessario per soddisfare i bisogni dell’uomo e far crescere la nostra società al fine di migliorare la qualità della nostra vita.
Tuttavia, contemporaneamente è importante che tale sviluppo si basi su un uso efficiente e responsabile dal punto di vista ambientale delle risorse, siano esse naturali, umane o economiche. La sostenibilità si basa infatti su tre pilastri fondamentali:
- Ambiente: necessità di ridurre gli impatti negativi nei confronti dell’ambiente;
- Società: supportare e promuovere la dignità dell’uomo; considerare e promuovere i bisogni di popolazioni e lavoratori coinvolti direttamente e indirettamente;
- Economia: il sistema economico deve essere in grado di soddisfare efficientemente i bisogni sia individuali che della società. A tal fine è necessario per esempio l’impiego efficienze delle risorse esauribili.
I problemi principali da affrontare comprendono:
- L’esaurimento delle risorse di petrolio, gas e minerali e lo sviluppo di risorse energetiche sostenibili;
- Riduzione o eliminazione di scarti e rifiuti, in parte nocivi per gli organismi viventi;
- Sviluppo e utilizzo di reagenti e processi che non presentino o riducano il rischio per la salute umana e per l’ambiente;
- Progettazione di prodotti che, una volta immessi nell’ambiente, si degradino facilmente.
I principi della chimica verde
L’idea della chimica verde è stata inizialmente sviluppata come risposta alle azioni prese per ridurre gli impatti ambientali nel “Pollution Prevention Act” del 1990, che dichiarava che la politica nazionale degli Stati Uniti avrebbe dovuto ridurre l’inquinamento attraverso una migliore progettazione di prodotti, processi, uso efficiente delle materie prime e nel riciclaggio invece del trattamento e dello smaltimento.
Nel 1991, l’ufficio per la prevenzione dell’inquinamento e le sostanze tossiche dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Environmental Protection Agency, EPA), un’agenzia del governo degli Stati Uniti, ha lanciato un programma di sovvenzioni per la ricerca che incoraggiava la riprogettazione di prodotti e processi chimici esistenti per ridurre l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente.
Dare una definizione precisa del significato di green chemistry è piuttosto complesso e per tale motivo John C. Warner e Paul Anastas nel 1998 hanno enunciato i 12 principi della chimica verde (Tabella 1) per guidare l’industria chimica. Tali principi consistono in una lista di criteri di azione, orientamento e priorità che insieme concorrono a stabilire i concetti fondanti della chimica verde. In questa unità verranno spiegati alcuni di essi, utilizzando, ove possibile, esempi tratti da unità successive che si occupano della produzione di prodotti chimici. Questi esempi illustrano come la ricerca di soluzioni che permettano di soddisfare questi principi sia un’attività continuativa. In molti casi, i cambiamenti che riducono l’impatto ambientale di un processo portano anche ad un aumento della redditività del processo. Ad esempio, se si sviluppa un nuovo catalizzatore che riduce la temperatura e la pressione di esercizio del processo, si consuma meno energia, il che è un bene sia per l’ambiente che per l’azienda.
1. Prevenzione | È meglio prevenire i rifiuti piuttosto che trattarli o smaltirli dopo che sono stati creati. |
2. Economia dell’atomo | I metodi sintetici dovrebbero essere progettati per massimizzare l’incorporazione di tutti i materiali utilizzati nel processo nel prodotto finale. |
3. Sintesi chimica meno pericolosa | Ovunque sia pratico, i metodi sintetici dovrebbero essere progettati per utilizzare e generare sostanze che possiedono poca o nessuna tossicità per le persone o l’ambiente. |
4. Progettazione di sostanze chimiche più sicure | I prodotti chimici dovrebbero essere progettati per svolgere la funzione desiderata riducendo al minimo la loro tossicità. |
5. Solventi e ausiliari più sicuri | L’uso di sostanze ausiliarie (ad es. solventi o agenti di separazione) dovrebbe essere evitato quando possibile e reso innocuo quando il loro utilizzo risulta indispensabile. |
6. Progettazione per l’efficienza energetica | Il fabbisogno energetico dei processi chimici dovrebbe essere riconosciuto per il loro impatto ambientale ed economico e dovrebbe essere ridotto al minimo. Se possibile, i metodi sintetici dovrebbero essere condotti a temperatura e pressione ambiente. |
7. Uso di materie prime rinnovabili | Le materie prime utilizzate dovrebbero essere rinnovabili ogni qualvolta ciò sia tecnicamente ed economicamente possibile. |
8. Ridurre i derivati | La derivatizzazione non necessaria (uso di gruppi di blocco, protezione/deprotezione e modifica temporanea dei processi fisici/chimici) dovrebbe essere minimizzata o evitata, se possibile, perché tali passaggi richiedono reagenti aggiuntivi e possono generare rifiuti. |
9. Catalisi | I reagenti catalitici (il più selettivi possibile) sono superiori ai reagenti stechiometrici. |
10. Progettare per il degrado | I prodotti chimici dovrebbero essere progettati in modo che alla fine della loro funzione si scompongano in innocui prodotti di degradazione e non persistano nell’ambiente. |
11. Analisi in tempo reale per la prevenzione dell’inquinamento | Le metodologie analitiche devono essere ulteriormente sviluppate per consentire il monitoraggio e il controllo in tempo reale, in‑process, prima della formazione di sostanze pericolose. |
12. Chimica intrinsecamente più sicura per una prevenzione più sicura | Le sostanze e la forma della sostanza utilizzata in un processo chimico dovrebbero essere scelte in modo da ridurre al minimo il potenziale di incidenti chimici, compresi rilasci, esplosioni e incendi. |
Prevenzione
I produttori cercano di generare il minor numero possibile di rifiuti, attraverso la scelta delle reazioni, la progettazione dei processi e il riciclaggio. L’industria mira a utilizzare reazioni chimiche e processi che facciano il più efficace uso delle risorse disponibili e generino la minor quantità possibile di materiale di scarto. Ma la prevenzione può essere valutata quantitativamente?
Un modo per misurare l’efficienza di un processo è quello di calcolare la resa, che confronta la quantità di prodotto teorica con la quantità effettiva ottenuta (anche se alcuni prodotti potenziali possono essere “persi” a causa di reazioni concorrenti).
Un esempio è la produzione di fenolo che un tempo si otteneva dal benzene utilizzando acido solforico e idrossido di sodio in un processo a più stadi, che, nel complesso, può essere espresso come:
L’equazione chimica mostra che una mole di benzene (78 g) dovrebbe produrre una mole di fenolo (94 g). In pratica, la quantità di fenolo prodotta risulta essere di circa 77 g, dando un resa dell’82%, che può essere considerato abbastanza buono.
(Resa % = massa prodotta / massa prevista x 100 %)
Tuttavia, il calcolo oscura il fatto che la reazione genera anche una mole di solfito di sodio (126 g) per ogni mole di fenolo prodotta. Questo può essere accettabile se c’è abbastanza domanda di solfito di sodio, ma se non c’è, presenta un serio problema di gestione dei rifiuti e aggiunge dei costi significativi, quindi questa può non essere la reazione più adatta per la produzione di fenolo.
Economia atomica
Come misura alternativa per definire l’efficienza di un processo può essere utilizzato il concetto di economia dell’atomo, considerato una delle idee chiave alla base dei concetti di chimica verde. Questo esprime la proporzione di atomi reagenti che finiscono nel prodotto utile, misurando il numero di atomi delle materie prime che finiscono come prodotti desiderati e il numero che finiscono come rifiuti. L’economia degli atomi è definita come:
Più il valore si avvicina a 100, meno saranno i rifiuti.
Questo calcolo dà un’economia dell’atomo di solo il 37% per la produzione di fenolo con il vecchio processo (supponendo che il solfito di sodio sia un rifiuto), un chiaro indicatore che è stato saggio sviluppare un processo alternativo.
La produzione di fenolo è generalmente ottenuta partendo da benzene e propene, sempre in processi consecutivi che possono essere espressi, nel complesso, come:
Il coprodotto è il propanone, che è una sostanza chimica preziosa e quindi l’economia dell’atomo per questo processo può essere considerata del 100%.
Tuttavia alcune reazioni che hanno un’economia dell’atomo del 100% hanno rese scarse e quindi è necessario considerare entrambe le misure di resa ed economia dell’atomo per definire l’efficienza di una reazione chimica. Inoltre è utile notare che l’economia dell’atomo può essere determinata in fase di pianificazione, tramite calcolo teorico, mentre la resa può essere trovata solo sperimentalmente.Nella chimica organica, alcuni tipi di reazione hanno economie atomiche intrinsecamente migliori. Le reazioni di addizione, di condensazione e di riarrangiamento avranno generalmente economie atomiche più elevate rispetto all’eliminazione o alla sostituzione. Per esempio, l’aggiunta di cloro all’etene, per formare 1,2-dicloroetano (una reazione importante nella produzione di poli(cloroetano) (PVC)) ha un’economia atomica del 100%:
Tuttavia, se il prodotto viene idrolizzato, l’economia dell’atomo diminuisce:
La prima è una reazione di addizione; la seconda è una reazione di sostituzione.
Sintesi chimica meno pericolosa
La famiglia dei policarbonati contiene polimeri molto importanti che vengono utilizzati dove sono necessarie elevate proprietà ottiche combinate con alta resistenza meccanica. Il policarbonato più utilizzato è prodotto a partire dal bisfenolo A , la cui struttura è:
Il policarbonato è prodotto da una reazione di condensazione tra il bisfenolo A e il cloruro di carbonile o il carbonato di difenile. Il cloruro di carbonile è un gas molto velenoso, prodotto da altri gas pericolosi, monossido di carbonio e cloro:
D’altra parte, il carbonato di difenile è prodotto dal carbonato di dimetile, che è facilmente prodotto da metanolo, monossido di carbonio e ossigeno in fase liquida, in presenza di cloruro di rame(II) (CuCl2):
Il dimetilcarbonato di dimetile, se riscaldato con fenolo in fase liquida, forma il difenilcarbonato:
Nel complesso, il processo per la produzione di policarbonato che utilizza il carbonato di difenile è meno pericoloso di quello che utilizza il cloruro di carbonile e può essere considerato un buon metodo ai fini del raggiungimento degli obiettivi della chimica verde.
Progettazione di prodotti chimici più sicuri
Alla base del concetto di chimica verde c’è il desiderio di produrre sostanze chimiche che siano il più possibile utili e allo stesso tempo sicure per noi e per l’ambiente. La sicurezza si riferisce sia all’infiammabilità che alla tossicità. Per esempio, sono stati sviluppati polimeri che sono molto meno infiammabili dei più noti polimeri, ma che mantengono anche proprietà come la durezza. Essi devono essere in grado di assorbire gli impatti senza crepe e rotture. Uno di questi polimeri è il polifenilsulfone che ha la formula:
È anche importante che le sostanze chimiche prodotte siano sicure per l’ambiente. Alcuni prodotti sono specificamente destinati ad essere sparsi sul suolo, utilizzati in acqua, spruzzati nell’aria o ingeriti dalle persone; altri, come i detersivi per il lavaggio, possono finire nei corsi d’acqua o nei rifiuti domestici destinati alla discarica. In entrambi i casi, il materiale dovrebbe degradarsi in prodotti innocui. In passato i detersivi si basavano sui sali di sodio degli acidi alchilbenzensolfonici e il gruppo alchilico era ramificato. Questi non si degradavano naturalmente nelle fognature e causavano la formazione di schiuma che rendeva le acque di scarico difficili da gestire. Ora questi composti sono stati sostituiti con sali di sodio degli acidi alchilbenzensolfonici lineari, che sono facilmente degradabili. La loro produzione non è semplice e ci sono volute molte ricerche per svilupparli.
Un altro sviluppo per aiutare l’ambiente è stata la sostituzione dei composti aggiunti ai detergenti per rimuovere gli ioni di magnesio e calcio dall’acqua dura, noti come sequestranti. A questo scopo sono stati usati i fosfati di sodio, ma questi hanno causato notevoli problemi che hanno portato all’eutrofizzazione dei corsi d’acqua. Ora si usano zeoliti (alluminosilicati) che non causano problemi ambientali.
Altri esempi sono i pesticidi piretroidi che hanno il vantaggio di degradarsi alla luce del sole in 2-3 giorni e hanno una tossicità acuta per l’uomo molto più bassa rispetto al fosforo, o ai pesticidi a base di cloro.
Solventi più sicuri
Le reazioni che si verificano nella fase gassosa sono preferibili in quanto non necessitano dell’utilizzo di solventi. Ne sono un esempio la produzione di ammoniaca, la produzione di metanolo e la produzione di etilene. Tuttavia la maggior parte dei processi necessitano l’utilizzo di grandi quantità di solventi per diverse applicazioni come per esempio mezzo di reazione, pulizia, purificazione e separazione dei prodotti. Per questo motivo è importante tenere in considerazione il rischio ambientale (inquinamento e persistenza in acqua o in aria), nei confronti della salute umana (tossicità) e di pericolosità per incidenti (esplosione, infiammabilità).
Quando possibile l’industria chimica cerca di eliminare l’utilizzo di solventi o sostituirli con altri che siano più “verdi”. Alcune reazioni utilizzano l’acqua come solvente, ad esempio nella produzione di composti inorganici come il perossido di idrogeno, l’acido fosforico, il carbonato di sodio e composti organici come l’etan-1,2-diolo e l’etanolo. Anche nello sviluppo di vernici sono stati sviluppati prodotti a base d’acqua, che sostituiscono le vernici che utilizzano composti organici volatili come gli idrocarburi inquinanti per l’atmosfera. L’acqua non è un solvente nocivo, ma è una risorsa preziosa ed è importante assicurarsi che non venga sprecata.
Quando possibile inoltre si cerca di utilizzare uno dei reagenti o il prodotto stesso della reazione come solvente in modo da non dover introdurre una sostanza aggiuntiva nell’ambiente di reazione. Ad esempio, nella fabbricazione dell’acido etanoico, il prodotto stesso viene utilizzato come solvente. Un’altra alternativa ai solventi convenzionali è costituita dai fluidi supercritici che generalmente sono chimicamente inerti e non tossici. L’anidride carbonica supercritica è ampiamente utilizzata come solvente nell’estrazione della caffeina dai chicchi di caffè e nelle più recenti apparecchiature di lavaggio a secco sostituisce i solventi clorurati come il percloroetilene (C2Cl4).
Efficienza energetica e uso di materiali di scarto
Tutti i processi di produzione hanno bisogno di energia per convertire le materie prime in prodotti utili. Nell’industria chimica viene utilizzata per riscaldare i reagenti e in processi come la distillazione, l’essiccazione dei prodotti, l’elettrolisi e il trattamento dei rifiuti.
Attualmente, l’energia utilizzata si basa ancora principalmente sui combustibili fossili, ma anche così l’uso di questi può essere ridotto in diversi modi tra cui:
- Manutenzione e recupero: un buon isolamento e un’attrezzatura ben tenuta ridurranno le perdite di calore, e l’eventuale calore residuo può essere utilizzato per riscaldare gli uffici e produrre acqua calda invece di essere disperso nell’atmosfera. In alcuni casi questo calore può essere condiviso con una comunità locale attraverso la tubazione dell’acqua calda del sito.
- Reazione scelta e condizioni: possono essere usate reazioni e catalizzatori che operano a temperature più basse. La maggior parte delle reazioni basate sul lavoro di biosintesi lavorano a temperature relativamente basse; tuttavia è necessario considerare anche altri fattori come l’energia spesso molto rilevante necessaria per la separazione del prodotto.
- La cogenerazione di calore ed energia (CHP): i siti di produzione spesso generano la propria elettricità, piuttosto che acquistarla dalla rete. Ciò è più efficiente in quanto elimina le perdite di trasmissione, e il calore in eccesso rilasciato durante il processo di generazione può essere utilizzato in loco per molti scopi diversi, dal preriscaldamento dei reagenti al riscaldamento degli uffici.
I rifiuti hanno spesso un contenuto di energia, e può essere possibile convertirli in un combustibile utile. I solventi di scarto della produzione di pitture, vernici, adesivi, inchiostri, detergenti liquidi e così via sono trasformati in un combustibile liquido per l’industria cementiera. Un combustibile solido è anche ottenuto da tappeti, imballaggi, mobili, plastica e carta sminuzzati, la maggior parte dei quali sarebbe altrimenti destinata alla discarica.
I vecchi pneumatici dei veicoli non possono più essere inviati in discarica nell’UE. Molti vengono triturati e utilizzati come combustibile dall’industria del cemento. Un singolo impianto può consumare fino a 250000 pneumatici all’anno.
Tutti i carburanti di questo tipo devono soddisfare criteri rigorosi prima dell’uso per evitare la produzione di prodotti di combustione nocivi, e un monitoraggio costante è essenziale per garantire che le emissioni rimangano entro i requisiti di legge.
I processi tradizionali sono in fase di revisione e vengono sostituiti da quelli più efficienti dal punto di vista energetico. I catalizzatori sono in fase di sviluppo in modo che il processo possa essere eseguito a temperature e pressioni più basse (temperature e pressioni elevate sono molto dispendiose in termini di energia).Allo stesso modo, lo sviluppo dei setacci molecolari fa in modo che i processi come la purificazione dell’etanolo possono essere eseguiti a temperatura ambiente invece che per distillazione.
Alcune industrie cooperano per utilizzare meglio l’energia. Per esempio, la produzione di ammoniaca genera sia calore residuo che anidride carbonica, entrambi derivati da combustibili fossili. Un produttore britannico li convoglia in grandi serre commerciali di pomodori, estendendo notevolmente la stagione durante la quale le piante possono essere coltivate in modo economico. Oltre a risparmiare carburante per il riscaldamento delle serre, è necessario importare meno pomodori (risparmiando “miglia d’aria”) e il tempo che intercorre tra la raccolta e l’acquisto è più breve, dando ai consumatori prodotti più freschi.
Alcune industrie cooperano per utilizzare meglio l’energia. Per esempio, la produzione di ammoniaca genera sia calore residuo che anidride carbonica, entrambi derivati da combustibili fossili. Un produttore britannico li convoglia in grandi serre commerciali di pomodori, estendendo notevolmente la stagione durante la quale le piante possono essere coltivate in modo economico. Oltre a risparmiare carburante per il riscaldamento delle serre, è necessario importare meno pomodori (risparmiando “miglia d’aria”) e il tempo che intercorre tra la raccolta e l’acquisto è più breve, dando ai consumatori prodotti più freschi.
Questo uso dell’anidride carbonica di scarto è stato recentemente potenziato in Islanda in uno sviluppo particolarmente entusiasmante. Questo paese è uno dei pionieri nella costruzione di centrali elettriche basate sull’energia geotermica. Nelle centrali geotermiche il vapore surriscaldato generato in profondità nel sottosuolo quando l’acqua entra in contatto con la roccia riscaldata o il magma del mantello terrestre viene estratto attraverso una serie di pozzi e convogliato in una turbina, dove il vapore viene utilizzato per generare elettricità.Piccole quantità di anidride carbonica e altri gas come l’idrogeno solforato vengono emessi dalle aree geotermiche. In un’area in Islanda, i gas di una centrale elettrica vengono convogliati in un impianto adiacente dove l’anidride carbonica viene separata da altri gas non condensabili e utilizzata come input di un processo, dove l’idrogeno e l’anidride carbonica vengono fatti passare su un catalizzatore solido sotto alta pressione per produrre metanolo rinnovabile. L’idrogeno è prodotto per elettrolisi dell’acqua utilizzando elettricità da fonti di energia idroelettrica e geotermica. Questo metanolo verde può essere miscelato direttamente con la benzina standard o può essere usato nell’esterificazione di olio vegetale o grassi animali per produrre biodiesel (esteri metilici di acidi grassi).
Materie prime rinnovabili
Ci sono molti sviluppi che mirano a ridurre la dipendenza dell’industria chimica dal petrolio. Questi sono discussi in dettaglio in unità dedicate alle biotecnologie, ai biocarburanti e alle bioraffinerie.
Le risorse rinnovabili sono teoricamente inesauribili e la gamma di materiali prodotti da tali fonti continua a crescere. Esempi su questo sito web descrivono la produzione di una varietà di composti, compresa la produzione di:
- Tensioattivi che sono facilmente biodegradabili, e in alcuni casi sono prodotti da risorse vegetali rinnovabili come i carboidrati (saccarosio, glucosio) o oli vegetali;
- Polioli, dalla soia, che vengono utilizzati per la produzione di poliuretani;
- L’etene, dal bioetanolo, che viene utilizzato per produrre poli(etene) a base biologica;
- Il propene viene prodotto in vari modi a partire da materiali prodotti a loro volta da risorse biodegradabili. Il propene viene utilizzato per produrre poli(propene) a base biologica.
- L’1,4-dimetilbenzene (para-xilene) , da etene a base biologica, può essere usato per produrre poliesteri;
Una vasta gamma di prodotti chimici può essere prodotta in reazioni chemiocatalitiche (bioformazione), ad esempio, idrossimetilfurfurolo, HMF:
Questo può essere ossidato ad acido dicarbossilico:
Quest’ultimo può essere utilizzato al posto dell’acido benzen-1,4-dicarbossilico (acido tereftalico) e copolimerizzato con un diolo per ottenere un poliestere con proprietà simili al polietilene tereftalato (PET).
Catalisi
I catalizzatori hanno svolto un ruolo enorme nello sviluppo di processi più sostenibili per la produzione di sostanze chimiche. Ci sono molti vantaggi nello sviluppo e nell’uso dei catalizzatori per le reazioni industriali, alcuni dei quali importanti:
- influenzano le condizioni che sono necessarie, spesso riducendo la domanda di energia abbassando la temperatura e la pressione utilizzate;
- permettono di utilizzare reazioni alternative che hanno una migliore economia dell’atomo e quindi riducono gli sprechi;
- è possibile controllare con maggiore precisione i percorsi di reazione, riducendo i prodotti collaterali indesiderati e facilitando la separazione e la purificazione del prodotto richiesto.
Nei dodici principi (Tabella 1) si richiama l’attenzione sui vantaggi dei catalizzatori rispetto ai reagenti stechiometrici, necessari per la reazione, ma che non possono essere recuperati. Ad esempio, il cloruro di alluminio è stato utilizzato per molti anni nella produzione di alchilbenzene solfonati, un tensioattivo attivo in molti detergenti. Il cloruro di alluminio era necessario per effettuare la reazione tra il benzene e un alchene a lunga catena. Il cloruro di alluminio non poteva essere riciclato e diventava un rifiuto come idrossido e ossido di alluminio. Ora si usa un catalizzatore solido di zeolite con gruppi acidi e può essere riutilizzato più volte senza prodotti di scarto.Allo stesso modo, il benzene e il propene vengono convertiti in cumene nella produzione del fenolo. Questa reazione necessita di un catalizzatore acido, come il cloruro di alluminio. Una zeolite solida con gruppi acidi, come ZMS-5, è ora il catalizzatore preferito:
chimica verde
L’utilizzo della zeolite permette di ridurre gli impatti ambientali in quanto l’effluente è molto più pulito e si possono utilizzare temperature e pressioni più basse.
Un altro esempio simile è nella produzione di uno dei più importanti polimeri utilizzati per la realizzazione di tessuti, la poliammide 6 (talvolta nota come nylon 6). In questo processo il cicloesanone viene convertito in caprolattame attraverso l’ossima (prodotta dalla reazione del chetone con l’idrogensolfato di idrossilammina). L’ossima è isomerizzata da acido solforico a caprolattame, l’acido solforico rilasciato viene convertito in solfato di ammonio.
Tuttavia, ancora una volta un catalizzatore di zeolite, con siti acidi, viene ora utilizzato per effettuare il riordinamento. La zeolite viene rigenerata e risparmia l’uso e il conseguente spreco di acido solforico.
Un altro esempio è la rimozione del cloro dagli effluenti delle fognature, che di solito è presente come ione clorato(I) (ipoclorito). Gli ioni sono presenti perché la clorazione rimane la forma più comune di disinfezione delle acque reflue. Tuttavia, questo può portare alla clorazione del materiale organico residuo nelle acque di scarico, portando alla formazione di composti organici clorurati, che possono essere cancerogeni o dannosi per le specie acquatiche.
Un modo per fare questo è quello di ridurre lo ione ipoclorito a uno ione cloruro aggiungendo soluzioni di nichel, ferro o ioni cobalto al flusso dei rifiuti in vasche agitate. Un altro modo è quello di trattare le acque di scarico con diossido di zolfo o un sale che reagirà con l’acqua per formarlo. L’anidride solforosa riduce lo ione ipoclorito in cloruro. Tuttavia, non è facile da gestire e qualsiasi fuga può essere molto dannosa. Un nuovo processo, noto come HYDECAT (catalisi della decomposizione dell’ipoclorito) utilizza nichel finemente suddiviso disperso su un solido inerte. Questi pellet si trovano su letti attraverso i quali passa l’effluente. La presenza di una grande superficie del metallo esposto all’effluente porta alla riduzione efficiente dello ione ipoclorito allo ione cloruro e all’ossigeno gassoso. La reazione complessiva è:
Durante la reazione lo ione ipoclorito viene adsorbito sulla superficie del catalizzatore dove viene scomposto per dare uno ione cloruro con l’atomo di ossigeno, rimanendo sulla superficie del catalizzatore, combinandosi con un atomo di ossigeno adiacente per formare una molecola di ossigeno. L’atomo di ossigeno adsorbito può anche ossidare i composti clorurati organici nocivi. Il catalizzatore può essere facilmente rigenerato.Il processo Hydecat è stato originariamente progettato per rimuovere il sottoprodotto dell’ipoclorito dai flussi di rifiuti generati durante i processi di clorazione in cui gli scrubber di idrossido di sodio vengono utilizzati per rimuovere il cloro in eccesso, ad esempio nella produzione di cloroetene (cloruro di vinile), biossido di titanio (per via cloridrica) e clorofluorocarburi.
Progettazione per la degradazione
Tra i materiali più noti che vengono prodotti intenzionalmente per una durata limitata sono le plastiche degradabili. Anche la nuova generazione di tensioattivi, gli alchilbenzensolfonati, sono stati progettati per una rapida degradazione. Si tratta di esempi di chimica verde.
La chimica verde è intrinsecamente più sicura per la prevenzione degli incidenti
L’impatto delle sostanze chimiche sulla salute umana e sull’ambiente può esserne il risultato di:
- emissioni di routine o accidentali durante la produzione;
- uso e smaltimento di un prodotto.
Non è nell’interesse di nessuna industria sprecare risorse o mettere in pericolo la propria forza lavoro, e questo è un incentivo a ridurre le emissioni tanto quanto lo sono i requisiti di legge imposti ai produttori. Alcuni processi richiedono la manipolazione di materiali pericolosi ma, laddove possibile, l’industria sta cercando di renderli più sicuri. Un modo è quello di modificare i reagenti utilizzati. Ad esempio, un processo utilizzato nella produzione di un erbicida molto diffuso, il glifosato (venduto come Roundup), utilizza il sale sodico di acido 2,2′-iminodietanico come uno degli intermedi. Questo è fatto in una serie di reazioni da ammoniaca, metanale (formaldeide) e cianuro di idrogeno. Anche se l’acido cianidrico cianuro è un reagente molto utile, è estremamente tossico. Una recente innovazione è stata l’introduzione di una nuova via per il sale sodico. I materiali di partenza sono l’ammoniaca e l’epossietano, che reagendo formano 2,2′-iminodietanolo, spesso chiamato dietanolammina. Questo viene poi convertito in sale sodico dell’acido 2,2′-iminodietanico:
Così, in caso di incidente, le conseguenze non sarebbero così gravi e la pulizia sarebbe più semplice.
Un sito di produzione genererà anche rifiuti sotto forma di materiale indesiderato proveniente dai processi; questo può includere solventi per la reazione, l’estrazione, la purificazione e il trattamento dei rifiuti. I solventi possono spesso essere riciclati o, laddove ciò non sia fattibile, possono essere utilizzati come sostituti del combustibile. Altri rifiuti possono finire in ultima analisi in discarica.
Molti prodotti vengono smaltiti quando raggiungono la fine della loro vita utile. L’ideale sarebbe che tutti questi rifiuti fossero riciclati, piuttosto che finire in discarica, anche se questo dipende anche dalla disponibilità dei consumatori ad assumersi le proprie responsabilità. I prodotti che probabilmente finiranno in discarica dovrebbero essere progettati in modo che si degradino rapidamente e in modo sicuro.
“Dalla culla alla tomba”: analisi del ciclo di vita (LCA)
Questa unità si è concentrata soprattutto sui cambiamenti che si stanno apportando ai processi di produzione industriale per renderli più vicini ai principi della chimica verde. Tuttavia, per una corretta valutazione dell’impatto ambientale di un prodotto è importante considerare ogni fase del processo, dal momento in cui viene realizzato il prodotto fino a quando non è più necessario. Da questo concetto nasce l’espressione “dalla culla alla tomba” tradotto dall’espressione “from cradle to grave”. Per poter analizzare l’impatto che ogni fase relativa a un prodotto o processo ha nei confronti dell’ambiente viene in aiuto l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA). Questa metodologia consiste in un procedimento obiettivo di valutazione dei carichi energetici e ambientali associati all’intero ciclo di vita di un prodotto, processo o attività. Include la valutazione di ogni passaggio, dall’estrazione e utilizzo delle materie prime, alla produzione, trasporto e distribuzione di un prodotto, fino all’uso, riuso e fine vita. Questa analisi permette quindi di valutare gli impatti ambientali relativi a ogni passaggio in modo da poter identificare su quali aspetti è necessario intervenire per poter ridurre l’impronta ecologica oppure per guidarci verso scelte di prodotti o processi più “verdi”.
“Dalla culla alla culla”: eliminare il concetto di rifiuto
Per lo sviluppo della nostra società abbiamo da sempre utilizzato la terra e tutte le sue risorse come fonte di materie prime, comportandoci come se le risorse naturali fossero infinite. Le estraiamo, le trasformiamo in prodotti e le smaltiamo. Questo principio è chiamato “cradle to grave” come descritto precedentemente. Tuttavia è importante considerare che le risorse del pianeta sono limitate e l’ingente quantità di rifiuti che produciamo non è semplice da smaltire senza avere importanti effetti negativi nei confronti dell’ambiente.
Negli ultimi anni, l’industria chimica, con la conversione alla chimica verde, sta diventando sempre più consapevole di questo problema e sta cercando di contrastare questa tendenza riducendo il consumo di materie prime, producendo meno rifiuti, riducendo le emissioni di anidride carbonica e fissando l’obiettivo a lungo termine “zero emissioni”. Nonostante ciò bisogna considerare che questo obiettivo non è effettivamente realizzabile in quanto, come esseri viventi, produrremo sempre emissioni e rifiuti. La soluzione potrebbe essere quella di cercare di imitare ciò che da sempre fa la natura. Da essa possiamo imparare che non esistono rifiuti ma piuttosto sottoprodotti: tutto rimane nel flusso dei nutrienti; in natura i sottoprodotti degli uni sono sempre un nutriente, un materiale o una fonte di energia per gli altri. Quindi i rifiuti sono semplicemente una risorsa preziosa nel posto sbagliato. Il nostro comportamento si dovrebbe ispirare a quello della natura cercando di mantenere la circolarità dei flussi di materiali e su tale principio si basa il concetto “cradle to cradle”, cioè “dalla culla alla culla”.
Con questo approccio possiamo ridurre la nostra impronta ecologica negativa, ma per poterlo realizzare è necessario che, già durante la progettazione di un nuovo prodotto, prevediamo come verranno utilizzati tutti i suoi componenti alla fine del suo ciclo di vita.
Dobbiamo quindi essere in grado di ridurre facilmente i prodotti nei loro componenti essenziali. Questi, a loro volta, possono diventare materie prime per nuovi prodotti. A tal fine è importante anche un resoconto più dettagliato del riciclo e del degrado del materiale smaltito (in particolare la plastica). Tutti questi aspetti andranno considerati nell’analisi del ciclo di vita di ogni prodotto o processo per valutare gli impatti negativi che ogni fase può avere nei confronti della salute umana e dell’ambiente, in modo da poterli eliminare o almeno ridurre.
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Ultimo aggiornamento versione originale 30 ottobre 2018
Edizione italiana, corretta ed ampliata, a cura di Sara Natalini e Valter Ballantini 14 novembre 2020
Foto in alto da Zdeněk Macháček on Unsplash