Il polietilene è il più semplice come struttura molecolare tra i polimeri sintetici ed è la più comune tra le materie plastiche; viene spesso indicato con la sigla “PE”. Ogni anno vengono prodotte 80-100 milioni di tonnellate di polietilene.


2013 e 20152018
(stima)
Mondo81.699.6
Nord America216.018.1
Europa312.913.8
Asia Pacifica36.647.5
Altri16.320.2
Tabella 1. Produzione annuale di polietilene / milioni di tonnellate1
1. Freedonia, 2014
2. US:17.4 milioni di ton. nel 2014. 2015 Guide to the Business of Chemistry, American Chemistry Council
3. 14.0 milioni di ton. nel 2015, Plastics – the Facts 2016 PlasticsEurope 2016

Impieghi del polietilene

Esistono tre classi principali di polietilene, caratterizzate da una diversa struttura chimica, in relazione al loro processo di produzione o all’utilizzo di co-monomeri nella fase di polimerizzazione: bassa densità (LDPE, Low-Density Polyethylene) (<0,930 g cm-3), lineare a bassa densità (LLDPE, Linear Low-density Polyethylene) (circa 0,915-0,940 g cm-3), e alta densità (HDPE, High-Density Polyethylene) (circa 0,940-0,965 g cm-3).

In base alla struttura macromolecolare e alla distribuzione delle lunghezze delle catene, ovvero in relazione al peso molecolare, sia le proprietà reologiche del polimero fuso, sia quelle del prodotto finale sono diverse. Le zone cristalline del polietilene, grazie ad un impacchettamento e a un ordine maggiore delle macromolecole, hanno una densità superiore a quella delle zone amorfe. All’aumentare della cristallinità, si ha un incremento della densità e della rigidità del materiale. Per questo motivo è pratica comune usare la densità come parametro per la definizione delle varie classi di polietilene. 

In funzione delle loro proprietà, i vari tipi di PE trovano differenti applicazioni. Il film di polietilene è il materiale più diffuso per l’imballaggio grazie alla trasparenza e alla flessibilità accoppiate alla resistenza e alla facilità con la quale assume la forma dell’oggetto da proteggere. L’ LDPE e LLDPE sono quelli impiegati per questo tipo di applicazione. L’HDPE, caratterizzato da una maggiore resistenza meccanica, è stampato a soffiaggio per realizzare contenitori per prodotti chimici domestici come per esempio detersivi per piatti e fusti per imballaggi industriali. Inoltre, viene spesso estruso sotto forma di tubazione utilizzata per esempio nel trasporto di acqua o gas naturale. Molto diffusi sono gli oggetti in polietilene HDPE ottenuti per stampaggio a iniezione come tappi, giocattoli e contenitori industriali (Tabella 2). Un’altra applicazione molto importante è dovuta alle proprietà dielettriche del PE che lo rendono un materiale utile nel rivestimento dei cavi elettrici per garantire il loro isolamento.

ProcessoHDPELDPELLDPE
Produzione
di film
Confezionamento
alimentare
e buste della spesa 
Pellicola
trasparente,
Fodera in cartone
del latte
Film
estensibile 
Stampaggio
ad iniezione
Pattumiera, Casse da
imballaggio
Secchi CiotoleScatole per
alimenti 
SoffiaggioBottiglie da detersivo,
Tamburi
Bottiglie
comprimibili 
EstrusioneTubi dell’acquaTubi dell’acqua
flessibili,
Rivestimento
dei cavi
Rivestimenti dei
cavi

Tabella 2. Esempi di impiego di vari gradi di polietilene.
Tabella 3. Percentuali di impiego di vari gradi di polietilene in differenti applicazioni (La differenza a 100 è dovuta all’utilizzo di altri polimeri)

Figura 1. Gli impieghi del polietilene.

Figura 2 . Il polietilene è utilizzato per produrre grandi condutture dell’acqua…

Figura 3. … e tubi molto più piccoli.
Per gentile concessione di Total.

Figura 4. Film di polietilene multistrato (vari gradi di polietilene e copolimeri vengono utilizzati nei vari strati per conferire particolari proprietà, come quella di barriera all’ossigeno, nei vari strati del film) ampiamente utilizzato per avvolgere gli alimenti. Per gentile concessione di BP.

Produzione di polietilene

Il polietilene è prodotto con diversi metodi mediante polimerizzazione dell’etilene, che è principalmente ottenuto dal cracking di etano e propano, nafta e gasolio. Negli ultimi anni sono però in continua ricerca e sviluppo anche processi per la produzione delle bio-olefine prodotte a partire da risorse rinnovabili. Nel 2007 l’azienda Braskem, in Brasile ha lanciato la produzione di bio-polietilene a partire dall’etilene ottenuto dalla canna da zucchero attraverso il bioetanolo.

Polietilene a bassa densità – LDPE Low Density Polyethylene

Il processo viene eseguito a pressione molto elevata (1000-3000 atm) a temperature moderate (250-300 °C). L’equazione di reazione è la seguente:

Questo è un processo di polimerizzazione radicalica condotto in presenza di un iniziatore, come ad esempio una piccola quantità di un perossido organico. 

Possono essere utilizzati reattori di due tipi:

  • Reattore di tipo autoclave: funziona come un reattore adiabatico CSTR in cui la rimozione del calore avviene per aggiunta di monomero fresco. Il controllo della temperatura avviene regolando la quantità di iniziatore radicalico nell’alimentazione.
  • Reattore tubolare: costituito da tubi incamiciati lunghi centinaia di metri. La temperatura viene controllata sia regolando l’alimentazione degli iniziatori che asportando il calore in eccesso tramite il fluido di raffreddamento che scorre nella camicia. L’utilizzo di questo reattore permette di raggiungere conversioni più alte rispetto al processo in autoclave ma a scapito di un maggiore costo per la compressione del monomero.

L’etilene (purezza superiore al 99,9%) viene compresso e fatto passare nel reattore insieme all’iniziatore. Il polietilene ottenuto viene rimosso, estruso e tagliato in granuli. L’etilene non reagito viene riciclato. In media la macromolecola polimerica ottenuta contiene 4000-40000 atomi di carbonio, con molte ramificazioni corte la cui struttura può essere schematizzata come segue:

Tale struttura macromolecolare può essere rappresentata in modo ancora più semplificato:

Ci sono circa 20 ramificazioni per 1000 atomi di carbonio. La massa molecolare relativa e la ramificazione influenzano le proprietà fisiche dell’LDPE. La ramificazione influenza il grado di cristallinità che a sua volta influisce sulla densità del materiale. L’LDPE è generalmente amorfo e molto trasparente, con circa il 50% di cristallinità. Infatti, le ramificazioni impediscono alle molecole di impaccarsi strettamente tra loro e quindi il materiale risultante ha una bassa densità.

Polietilene ad alta densità – HDPE High Density Polyethylene

Per la produzione dell’HDPE sono usati principalmente due tipi di catalizzatori:

  • Il catalizzatore organometallico Ziegler-Natta (basato su composti di titanio e un alchile di alluminio);
  • Un composto inorganico, noto come catalizzatore di tipo Phillips. Un esempio ben noto è l’ossido di cromo (VI) su silice, che viene preparato arrostendo un composto di cromo (III) a circa 750 °C in ossigeno e quindi immagazzinato sotto azoto prima dell’uso.

L’HDPE è prodotto da tre tipi di processo. Tutti operano a pressioni relativamente basse in presenza di un catalizzatore Ziegler‑Natta o inorganico. In tutti e tre i processi l’idrogeno viene miscelato con l’etilene per controllare la lunghezza della catena del polimero.

i) Processo in sospensione – utilizzando un CSTR (Continuous Stirred Tank Reactor, reattore agitato continuo) o un reattore ad anello (“loop”).

Il catalizzatore organometallico Ziegler-Natta, sotto forma di granuli, viene miscelato con un idrocarburo liquido (ad esempio, isobutano o esano), che ha funzione semplicemente di diluente. Una miscela di idrogeno ed etilene viene fatta passare sotto pressione nel mezzo diluente e l’etilene viene polimerizzato in HDPE. Il processo Hoechst, per esempio, opera ad una pressione compresa tra 5-10 Bar e a una temperatura di 80-90 °C. Nel caso del reattore “loop”, la reazione avviene in un grande reattore ad anello (Figura 5). La sospensione ottenuta viene fatta passare attraverso una centrifuga per allontanare la maggior parte del diluente di polimerizzazione che viene poi riciclato al reattore. Il residuo del catalizzatore, titanio (IV) e ossidi di alluminio, rimane in quantità minime nel polimero.

Figura 5. Produzione di polietilene utilizzando il
processo in sospensione in un reattore a anello.
Figura 6. Foto di un reattore ad anello per il processo in sospensione. Per gentile concessione di Total.

ii) Processo in soluzione

Il secondo metodo prevede il passaggio di etilene e idrogeno sotto pressione in una soluzione del catalizzatore Ziegler-Natta in un idrocarburo (un alcano C10 o C12). Il polimero si ottiene in modo simile al metodo in sospensione. Un esempio di questo processo è quello sviluppato da DuPont in cui l’etilene è disciolto in cicloesano e alimentato al reattore di polimerizzazione che lavora a una pressione di circa 100 Bar e ad una temperatura compresa tra 200 e 300 °C. Il sistema catalitico impiegato è generalmente a base di alogenuri di metalli di transizione e alluminoalchili. La soluzione contenente il polietilene all’uscita del reattore viene passata su un letto di allumina per disattivare il catalizzatore.

iii) Processo in fase gassosa

Figura 7. Schema del processo in fase gassosa a bassa pressione.

Una miscela di etilene e idrogeno viene fatta passare su un catalizzatore Phillips in un reattore a letto fluido (Figura 7) che opera a una temperatura compresa tra 80 e 100°C e una pressione di 10-20 Bar. L’etilene polimerizza per formare granuli di HDPE, sospesi nel gas che fluisce all’interno del reattore. Gli impianti moderni talvolta utilizzano due o più singoli reattori in serie (ad esempio due o più reattori a sospensione o due reattori in fase gassosa) ciascuno dei quali si trova in condizioni leggermente diverse, in modo che le proprietà dei diversi prodotti dei reattori siano alla fine presenti nella risultante miscela polimerica. Questo porta a una distribuzione di massa molecolare ampia o bimodale e fornisce proprietà meccaniche migliorate come rigidità e tenacità.Una miscela di etilene e idrogeno viene fatta passare su un catalizzatore Phillips in un reattore a letto fluido(Figura 7) che opera a una temperatura compresa tra 80 e 100°C e una pressione di 10-20 Bar. L’etilene polimerizza per formare granuli di HDPE, sospesi nel gas che fluisce all’interno del reattore. Gli impianti moderni talvolta utilizzano due o più singoli reattori in serie (ad esempio due o più reattori a sospensione o due reattori in fase gassosa) ciascuno dei quali si trova in condizioni leggermente diverse, in modo che le proprietà dei diversi prodotti dei reattori siano alla fine presenti nella risultante miscela polimerica. Questo porta a una distribuzione di massa molecolare ampia o bimodale e fornisce proprietà meccaniche migliorate come rigidità e tenacità.

Figura 8. Granuli di polietilene che vengono poi utilizzati per realizzare film oppure estrusi in tubi o stampati.
Per gentile concessione di Total.

Questo metodo fornisce catene polimeriche lineari con poche ramificazioni. Le molecole di polietilene possono quindi disporsi più vicine tra loro generando così zone cristalline. Questo porta a forti legami intermolecolari, rendendo il materiale più forte, più denso e più rigido dell’LDPE. Inoltre, il polimero non è trasparente.

Polietilene lineare a bassa densità – LLDPE Low Density polyethylene

Il polietilene a bassa densità LDPE ha molti impieghi, ma il metodo di produzione ad alta pressione con cui viene prodotto ha costi di capitale elevati. Quindi, è stata sviluppata una tecnica elegante basata su catalizzatori Ziegler-Natta per produrre polietilene lineare a bassa densità LLDPE con proprietà anche migliorate rispetto all’LDPE tramite un processo qualsiasi tra quelli in sospensione, soluzione e fase gassosa (quest’ultimo può vedere anche l’utilizzo dei catalizzatori inorganici).

Piccole quantità di un co-monomero come 1-butene o 1-esene vengono aggiunte alla materia prima. I monomeri sono polimerizzati casualmente e si ottengono brevi ramificazioni costituite da pochi atomi di carbonio lungo le catene lineari. 

Ad esempio, con l’1-butene, CH3CH2CH=CH2, la struttura del polimero è:

Le catene laterali sono note come gruppi pendenti o ramificazioni a catena corta. La molecola può essere rappresentata come:

La struttura è essenzialmente lineare, ma a causa delle ramificazioni a catena corta ha una bassa densità. La struttura conferisce al materiale resilienza, resistenza alla rottura e flessibilità molto migliori senza l’uso di plastificanti. Ciò rende il polietilene lineare a bassa densità un materiale ideale per la fabbricazione di prodotti in film, come quelli utilizzati negli involucri da imballaggio. 

Le proprietà del polimero, e quindi i suoi impieghi, possono essere variate cambiando la proporzione di etilene e co-monomero e utilizzando differenti co-monomeri. Tutto questo può essere fatto senza interruzioni di produzione nell’impianto, un enorme vantaggio.

Metallocene polietilene lineare a bassa densità – mLLDPE

Questo polietilene, noto come mLLDPE, è prodotto da una nuova famiglia di catalizzatori: i metalloceni, composti organometallici nei quali due leganti ciclopentadienilici sono coordinati a un metallo di transizione, tipicamente del IV gruppo (Ti, Zr, Hf).La struttura dei metalloceni può essere paragonata a quella di un sandwich in cui il metallo si trova tra due strati di composti organici. I catalizzatori sono ancora più specifici dell’originale Ziegler-Natta ed è possibile controllare la massa molecolare del polimero e la sua configurazione. Di solito vengono utilizzati processi in sospensione o in soluzione. Il vantaggio è che il mLLDPE ottenuto con questo sistema catalitico è molto più omogeneo in termini di struttura molecolare rispetto al classico LLDPE prodotto dai catalizzatori di Ziegler-Natta.

Il polietilene prodotto utilizzando un metallocene può essere utilizzato come film molto sottile che ha eccellenti proprietà ottiche e prestazioni di sigillatura, rendendolo quindi molto efficace per il confezionamento degli alimenti. Il vero vantaggio per i catalizzatori metallocenici sono le migliorate proprietà meccaniche dei film realizzati in mLLDPE.

Co-polimeri

I copolimeri ottenuti dalla polimerizzazione di etilene e propilene, EPR (Ethylene Propylene Rubber), sono amorfi e costituiscono un’importante famiglia di elastomeri, ottenibili in un ampio intervallo di composizione, dalle caratteristiche molto rilevanti. Inoltre, è possibile condurre la reazione in presenza di un terzo monomero, generalmente un diene non coniugato, in grado di introdurre un doppio legame non lungo la catena principale ma come gruppo funzionale, ottenendo una gomma parzialmente insatura, in modo da poter successivamente sfruttare altri processi di vulcanizzazione oltre quello con perossidi tipico degli elastomeri saturi. Questa tipologia di elastomeri viene chiamata EPDM (Ethylene Propylene Diene polyMethylene).

Figura 9. Unità ripetitiva EPDM, derivante da etilene (in rosso), propilene (in blu) e norbornene (in nero)

In Italia questi elastomeri sono commercializzati da Eni Versalis con il nome DUTRAL.

Edizione italiana a cura di Luca Puccinelli, Sara Natalini, Patrik Pedrotti, Francesca Caprioli e Valter Ballantini 24 febbraio 2021