Biomassa è qualsiasi cosa fatta con materiale vegetale o animale vivo o morto di recente. Per migliaia di anni l’uomo ha sfruttato le fonti naturali di energia, come l’energia eolica per i velieri e i mulini a vento, e l’energia idrica dei fiumi che scorrono veloci. Abbiamo anche imparato a sfruttare la biomassa come combustibile e ancora oggi molte società dipendono dal legno, dalla torba e persino dallo sterco di mucca come combustibile. Un cambiamento drammatico è arrivato con la scoperta e l’uso dei combustibili fossili, che sono densi di energia (danno molta energia per massa di materiale) e facilmente trasportabili. È stato il carbone ad alimentare la rivoluzione industriale e l’invenzione del motore a vapore a rivoluzionare i trasporti. Improvvisamente le persone e le merci potevano muoversi, libere dalle limitazioni del vento o dei muscoli umani e animali. Il petrolio poi è divenuto un combustibile ancora più conveniente ed efficiente del carbone, permettendo all’umanità di attingere a vaste risorse di energia e quindi di aumentare drammaticamente il suo consumo di energia. Negli ultimi decenni abbiamo riconosciuto due fatti molto duri e significativi: in primo luogo, la fornitura di questi combustibili è limitata ed in secondo luogo, bruciando questi combustibili fossili stiamo rilasciando grandi quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, contribuendo significativamente all’effetto serra e al suo impatto potenzialmente catastrofico sul livello dei mari, sui modelli meteorologici e sull’agricoltura. Quindi, è necessaria una nuova rivoluzione per fornire forme alternative di energia che siano al tempo stesso sostenibili e più rispettose dell’ambiente.

Nello studio dei futuri fabbisogni energetici è utile individuare due categorie distinte. La prima è il fabbisogno energetico statico: riscaldamento e raffreddamento degli edifici, illuminazione degli edifici e dei luoghi pubblici, funzionamento di macchine ed elettrodomestici nelle case e nelle fabbriche e supporto alle infrastrutture che si occupano della fornitura di acqua e di altri servizi di pubblica utilità. In generale, queste esigenze energetiche sono soddisfatte mediante la fornitura di gas ed elettricità al cliente da risorse centralizzate. In alternativa, possono essere fornite sotto forma di carbone e petrolio a un impianto di stoccaggio locale. Sono in corso importanti sviluppi per utilizzare approcci che riducono il consumo di combustibili fossili in questo settore, tra cui l’aumento della produzione di energia nucleare, l’energia idroelettrica, i parchi eolici e lo sfruttamento delle forze delle maree.

La seconda categoria di fabbisogno energetico, il trasporto, è diversa in quanto il combustibile deve essere trasportato all’interno del veicolo. L’elevato contenuto energetico del petrolio ne ha fatto il principale combustibile liquido scelto, con il trasporto che rappresenta oltre il 25% del consumo energetico (e ancora in crescita) nei paesi economicamente avanzati. Un’alternativa interessante al petrolio è il biocombustibile liquido, derivato dalle piante, che, man mano che crescono, assorbono tanta anidride carbonica quanta ne viene rilasciata in seguito alla combustione. Ciò significa che la produzione netta di anidride carbonica può essere inferiore a quella derivante dalla combustione di un combustibile fossile. Tuttavia per la produzione del biocombustibile, sono comunque necessari energia ed altri fattori produttivi e ciò porta a significative emissioni di gas serra. La riduzione di questa energia e di altri fattori di produzione rappresenta una vera e propria sfida per i chimici e gli ingegneri e, in collaborazione con le compagnie petrolifere e automobilistiche, l’industria chimica sta dedicando grandi risorse alla ricerca e allo sviluppo di carburanti rinnovabili.

Produzione di biocarburanti liquidi

Questa unità è dedicata principalmente alla produzione e all’utilizzo di bioetanolo, biokerosene e biodiesel. L’idrogeno, che diventerà più importante come carburante in futuro, è discusso in un’altra unità.

Bioetanolo

La via principale per l’etanolo è la fermentazione biologica degli zuccheri. La conversione dei carboidrati in una soluzione acquosa di etanolo è uno dei processi chimici più antichi ed è, naturalmente, la base di tutte le bevande alcoliche. Prima dello sviluppo dell’industria petrolchimica negli anni ’40 e ’50, questo processo era anche alla base della produzione industriale dell’etanolo, che a sua volta veniva utilizzato come materia prima per una vasta gamma di prodotti chimici, tra cui l’etanale (acetaldeide), l’acido etanoico (acido acetico) e quindi fibre, plastiche ed esplosivi.

Figura 1. Un’auto Ford T: Henry Ford prevedeva di utilizzare l’etanolo come carburante per le sue prime auto. Infatti è stato aggiunto ad alcune marche di benzina fin dai primi giorni dello sviluppo del motore a combustione interna come mezzo per aumentare la potenza di un motore.
Per gentile concessione di Audrey Warren.

L’etanolo è prodotto nello stesso modo per i carburanti e per le bevande. Il cuore del processo è la fermentazione, che è la decomposizione dei carboidrati semplici (maltosio, saccarosio, glucosio) dalla biomassa per formare etanolo. I carboidrati utilizzati per produrre bioetanolo variano a seconda della geografia, del clima e della tradizione. Ad esempio, il saccarosio (zucchero) è alla base del processo in Brasile (dalla canna da zucchero) e in Europa (dalla barbabietola da zucchero). L’amido di grano e di mais è preferito negli Stati Uniti e questi cereali sono utilizzati anche in Europa.

Produzione di bioetanolo

Tutti gli impianti di bioetanolo di recente costruzione iniziano il processo di produzione del bioetanolo macinando l’intero chicco di mais o altri cereali che contengono la farina di amido. Il processo è noto come macinazione a secco e il macinato come farina. Ci sono vari metodi per liberare l’amido dalla farina. In uno, la farina viene mescolata con acqua per formare un impasto (la purea) e riscaldata a circa 400 K sotto pressione (processo che rilascia molecole di amido). In alternativa, una miscela di enzimi (a-amilasi e glucoamilasi) viene aggiunta alla purea ad una temperatura inferiore.

La purea viene poi trasferita in grandi serbatoi (fermentatori) a 360 K e viene aggiunto un enzima (α-amilasi) che scompone l’amido in carboidrati più semplici, ad esempio:

La purea viene raffreddata a 350 K e viene aggiunto l’enzima, l’a-amiloglucosidasi, e il carboidrato viene idrolizzato a glucosio:

La miscela viene ulteriormente raffreddata a 310 K e si aggiunge il lievito vivo, che fermenta il glucosio in una “birra” (una soluzione acquosa di etanolo e anidride carbonica):

Questo processo richiede circa 2-3 giorni, durante i quali il mosto viene mescolato e mantenuto a circa 310 K. La concentrazione massima di etanolo prodotto è di circa 8-12% (p/v); concentrazioni più elevate uccidono il lievito.

Il residuo solido della fermentazione viene utilizzato come mangime per animali ad alto contenuto proteico.

Con la distillazione, la concentrazione di etanolo viene aumentata al 96%. Tuttavia, a questa concentrazione, viene prodotto un azeotropo (miscela a ebollizione costante), il che significa che non può essere ulteriormente concentrato mediante semplice distillazione. Con l’ulteriore ebollizione la miscela al 96% si distilla come se fosse un unico composto. Per ottenere etanolo puro, questo liquido viene fatto passare attraverso un letto di setacci molecolari che trattengono le molecole di acqua.

Figura 2. Un nuovo impianto per la produzione di bioetanolo a Wilton, nel nord-est dell’Inghilterra.
1 Ricevimento del grano
2 Macinazione del grano
3 Essiccazione del mangime per animali
4 Fermentazione
5 Distillazione della soluzione diluita di etanolo
6 Recipienti contenenti setacci molecolari per la produzione di etanolo puro
7 Stoccaggio di etanolo
8 Stoccaggio di alimenti per animali
9 Sala di controllo
Per gentile concessione di Ensus.

Nuove fonti di bioetanolo

Il bioetanolo è attualmente prodotto utilizzando zuccheri e amido provenienti da colture alimentari. C’è molta ricerca su altre fonti di biomassa che possano essere trasformate in etanolo, tra cui la paglia, il legno di scarto e le colture non alimentari come le erbe (ad esempio, il miscanto (Figura 3), che ridurrebbe la nostra dipendenza dall’utilizzo di preziose risorse alimentari. Il limite è che i polisaccaridi nel materiale vegetale sono sotto forma di lignocellulosa, una rete tridimensionale estremamente stabile di lignina e cellulosa. La cellulosa è un polimero lineare di glucosio, e la lignina è un polimero complesso di fenoli. Le lignocellulose conferiscono alle piante la loro rigidità e le proteggono da erbivori e patogeni. La grande stabilità delle lignocellulose significa che rendere il carboidrato disponibile per la fermentazione richiede un costoso pretrattamento meccanico e chimico con acidi, basi o alte temperature. Pertanto si sta facendo un grande sforzo per trovare enzimi che sostituiscano questi metodi chimici.

Figura 3. Miscanto che cresce a Urbana, Illinois, USA. Il palo nella foto è alto circa 3 m. Per gentile concessione della dottoressa Emily Heaton.

Il pretrattamento rilascia la lignina e la cellulosa. La lignina viene bruciata per fornire calore ed energia per il processo. La cellulosa, a differenza dell’amido, non può essere idrolizzata in zuccheri utilizzando enzimi amilasi, quindi richiede un ulteriore trattamento acido o sofisticati enzimi cellulasi per produrre zuccheri fermentabili. Tuttavia, una volta prodotti, gli zuccheri vengono fermentati nello stesso modo descritto sopra.

Sono in corso ricerche anche sulla conversione della biomassa in etanolo tramite gas di sintesi (monossido di carbonio e idrogeno). La prima parte del processo è la produzione del syngas dal riscaldamento della biomassa ad alta temperatura (1600-1800K) con ossigeno o vapore. Due metodi per produrre etanolo dal syngas sono promettenti. Uno è per via chimica e consiste nel passaggio del gas su un catalizzatore riscaldato, basato su nanoparticelle di rodio. L’altro è tramite conversione biologica, e si realizza alimentando col gas batteri anaerobici come il Clostridium ljungdahlii che lo fermentano in etanolo.

Limitazioni dell’etanolo come carburante 

L’etanolo è igroscopico (assorbe l’umidità dell’aria), è quindi difficile da immagazzinare e non può essere trasportato attraverso le condutture del carburante esistenti. Inoltre, ha una densità energetica inferiore a quella della benzina (Tabella 1).

CarbutranteDensità energetica/MJ-1
benzina35,5
biodiesel33,9
bioetanolo21,6
Tabella 1. Densità energetica di alcuni combustibili liquidi

Un altro problema nell’utilizzo del bioetanolo puro è che la sua pressione di vapore nei giorni freddi è bassa e l’avviamento del motore può essere difficile. Al contrario, nei giorni caldi, la sua tensione di vapore è troppo alta e il vapore fuoriesce nell’atmosfera dal serbatoio del carburante. I produttori di benzina risolvono questi problemi utilizzando una miscela di benzina ed etanolo, comunemente al 5% di etanolo.

Impieghi del bioetanolo

Anche se la maggior parte del bioetanolo viene utilizzato come carburante, sia miscelato con la benzina (che consente di evitare la modifica del motore) sia come etanolo puro (per il quale il motore deve essere modificato), si prevede che il bioetanolo diventerà una delle principali fonti di sostanze chimiche. I reattori necessari per questo uso dell’etanolo sono simili a quelli utilizzati in una raffineria di petrolio, ma poiché la fonte è la biomassa, l’impianto è noto come bioraffineria. Il bioetanolo viene utilizzato per produrre etene  e quindi poli(etene). Viene anche utilizzato per produrre ETBE, etere etil t-butilico, un importante additivo per aumentare il numero di ottano della benzina.

Figura 4. Metodi utilizzati per produrre etanolo da biomassa, che includono la gassificazione, la sintesi chimica, la fermentazione e l’idrolisi.

Biokerosene e biodiesel

Il kerosene ed il gasolio sono ottenuti dalla distillazione del petrolio ed entrambi sono costituiti principalmente da alcani a catena lineare. Il kerosene è una frazione a basso punto di ebollizione ed è utilizzata come carburante per jet. Gli alcani che lo compongono contengono 10-16 atomi di carbonio. Il gasolio utilizzato nei motori di auto e camion è una frazione più altobollente ed i suoi alcani contengono 14-20 atomi di carbonio.

Molto lavoro è stato fatto per produrre carburanti da risorse rinnovabili che possono essere usati al posto di questi carburanti (carburanti derivati dal petrolio) e sono già utilizzati in miscele sia con il kerosene derivato dal petrolio che con il gasolio.

Produzione a partire da oli vegetali

Gli oli vegetali possono essere convertiti in biokerosene e biodiesel mediante la formazione dell’estere metilico degli acidi grassi (processo FAME, Fatty Acid Methyl Ester). Gli oli, ad esempio di colza, soia e jatropha, sono esteri del propan-1,2,3-triolo (glicerolo) e degli acidi carbossilici (grassi) a lunga catena, contenenti 10-22 atomi di carbonio.

Figura 5. Una pianta di jatropha. Per gentile concessione di Air New Zealand.

Per produrre questi biocombustibili si possono usare sia oli vergini che oli da cucina di scarto. L’olio vegetale viene riscaldato con un alcool (tipicamente si usa il metanolo) e una soluzione acquosa di una base (idrossido di potassio o idrossido di sodio) aggiunta come catalizzatore. La molecola di glicerolo dell’olio vegetale viene scambiata con il metanolo per formare un altro estere:

Questo è un esempio di processo di transesterificazione.

La miscela di esteri metilici viene utilizzata come combustibile ma è viscosa a basse temperature. Tuttavia, quando la transesterificazione viene effettuata con etanolo (bioetanolo), gli esteri etilici non soffrono di questo problema.

Inoltre, gli esteri prodotti dagli acidi grassi saturi, che non hanno doppi legami, hanno un punto di congelamento più elevato rispetto a quelli degli acidi insaturi, che contengono uno o più doppi legami. Così, gli oli come la colza, che contiene esteri di acidi polinsaturi e produce esteri metilici (o etilici) insaturi che sono migliori per l’uso in climi freddi rispetto ai corrispondenti esteri derivati dall’olio di palma più saturi.

Figura 6. Due caccia F/A-18 Hornet dello squadrone dimostrativo di volo della Marina Militare degli Stati Uniti, i Blue Angels, stanno  eseguendo strette manovre di formazione durante uno spettacolo aereo, parte di una commemorazione per il centenario dell’aviazione navale. La foto mostra la prima volta in cui i Blue Angels si sono esibiti con una miscela 50-50 di biokerosene e kerosene (carburante per jet).
Per gentile concessione della Marina degli Stati Uniti (Wikimedia Commons).

La glicerina è un coprodotto molto utile della transesterificazione. Una volta rimossi la contaminazione da etanolo (o metanolo) ed il catalizzatore esausto, può essere utilizzata nella preparazione di cosmetici, prodotti da toilette e prodotti farmaceutici. La glicerina viene anche utilizzata per la produzione di resine alchidiche per vernici. Una fonte alternativa di biocombustibili da oli vegetali include l’idrogenazione degli oli su un catalizzatore di platino o nichel. Il prodotto è una miscela di idrocarburi a catena lineare che è superiore al biodiesel composto da esteri misti prodotti da oli vegetali perché non ha problemi di stabilità durante lo stoccaggio. Questo perché non è soggetto ad attacchi microbici e ha ottime prestazioni nei climi freddi rispetto agli esteri prodotti di transesterificazione con metanolo.

Produzione a partire da biomassa

Oltre al processo descritto sopra, molte altre ricerche sono in corso per produrre idrocarburi C10-C20 da biomassa piuttosto che da oli vegetali e altri oli.

Si stanno introducendo due modi per ottenere idrocarburi da biomassa che sono simili a quelli ottenuti dal petrolio greggio per l’uso come benzina, kerosene e gasolio.

i) Conversione termochimica della biomassa

La conversione termochimica utilizza la gassificazione per convertire la biomassa in gas di sintesi (syngas – una miscela di monossido di carbonio e idrogeno) ad un rapporto costante e progettato con minime quantità di componenti aggiuntivi e contaminanti come zolfo, catrame e solidi. La gassificazione è un processo molto flessibile, quindi, in linea di principio, qualsiasi biomassa, compresi i rifiuti, può essere utilizzata per produrre il syngas. Viene effettuata ad alta temperatura (1600-1800K) in un flusso di ossigeno o vapore. I composti ottenuti da questa sintesi possono poi essere convertiti in combustibili e prodotti chimici utilizzabili, ad esempio, idrogeno, metanolo ed etanolo.

Il syngas può anche essere convertito in una miscela di alcani mediante il processo Fischer-Tropsch (FT). La reazione di base può essere rappresentata da:

Anche se questo tipo di reazione veniva utilizzato più di 100 anni fa, molto lavoro è stato fatto di recente da chimici e ingegneri per renderlo molto più efficiente. Tra i recenti sviluppi del processo vi sono il processo Shell Middle Distillate Process (SMDS) utilizzato in Malesia e il nuovo processo SASOL, sviluppato originariamente in Sud Africa. La reazione FT utilizza catalizzatori di ferro o cobalto e viene eseguita ad una pressione di esercizio di 20-40 atm e in un intervallo di temperatura di 470-520 K o 570-630 K.

Figura 7. Parte dell’impianto Shell Middle Distillate Process a Bintulu, Sarawak, Malesia. Per gentile concessione della Shell International Ltd.

I prodotti del range inferiore sono cere che possono subire idrocracking (cracking idrogenante) a idrocarburi che possono essere utilizzati, ad esempio, nei carburanti liquidi, nel kerosene e nel gasolio:

L’intervallo di temperatura più alto produce idrocarburi più volatili, per la benzina. Il processo FT può anche essere regolato per produrre altri prodotti chimici, lubrificanti e idrogeno.

I combustibili prodotti con questo metodo sono superiori a quelli prodotti dal processo FAME descritto sopra.

ii) Idrolisi e fermentazione della biomassa

Un altro percorso promettente è basato sulla produzione di 2-metilpropanolo (isobutanolo) da biomassa, prima idrolizzando la cellulosa in zuccheri (compreso glucosio e due dei suoi isomeri, mannosio e galattosio) e poi fermentando con enzimi specifici da lieviti, un esempio di processo BtL (Biomass to Liquid).

Figura 8. L’impianto dimostrativo di Gevo, Silsbee, Texas, USA, sta producendo, a partire dalla biomassa, 2-metil-2-propanolo (isobutanolo) che viene poi convertito in 2-metilpropene (isobutene) e quindi biocarburanti. Per gentile concessione di Gevo, Inc.

Il processo può essere ottimizzato per produrre alte rese di 2-metil-2-propanolo. Nella disidratazione, l’alcol produce 2-metilpropene (isobutene):

Questo alchene che può essere utilizzato per produrre una vasta gamma di idrocarburi da utilizzare come combustibili. Ad esempio, il 2-metilpropene è facilmente dimerizzabile su un catalizzatore acido (fluoruro di idrogeno o una zeolite) per dare 2,4,4-trimetil-2-pentene (isoottano):

L’alchene viene idrogenato, utilizzando il nichel come catalizzatore, per formare 2,2,4-trimetilpentano (iso-ottano), utilizzato per migliorare il numero di ottano della benzina:

Se non controllata, si ha un’ulteriore reazione tra il 2-metilpentene e il 2,4,4-trimetil-2-pentene che porta a C12 (per esempio 2,2,4,6,6-pentametil-3-eptene) e alcheni superiori, che per idrogenazione danno una miscela di C12 e alcani superiori.

A prima vista, sembra che questi possano essere usati come carburanti nei motori a reazione e diesel, ma questi motori funzionano meglio usando idrocarburi a catena lineare che hanno un numero di cetano più alta.

Tuttavia, se si usa una zeolite modificata con una trimetilpiridina che è selettiva per forma, si ottiene una proporzione molto più alta di idrocarburi a bassa ramificazione, che producono carburante diesel di alta qualità. I principi dei catalizzatori selettivi di forma sono discussi nell’unità sulla catalisi.

Un’altra via per produrre kerosene (carburante per jet) è in fase di studio, una reazione di Friedel-Crafts che fa reagire il benzene con 2-metilpropene per formare (1,1-dimetiletil)benzene (t-butilbenzene).

Questi biocarburanti sono stati sperimentati con successo nei motori a reazione e diesel, sia come miscele con i carburanti a benzina che da soli.

Biobutanolo

Il butanolo può sostituire sia la benzina che il diesel. Il metodo attualmente più promettente per la produzione di biobutanolo sembra essere la fermentazione della biomassa con il batterio Clostridium acetobutylicum. Il metodo è noto come processo ABE (produce Acetone, Butanolo ed Etanolo). Le materie prime utilizzate con successo finora includono barbabietola da zucchero, canna da zucchero, grano, sorgo e manioca. I prodotti vengono poi separati mediante distillazione frazionata, per produrre butanolo puro.

Biopetrolio

La biomassa può anche essere pirolizzata. Ci sono molti studi che cercano di trovare le condizioni in cui si ottengono alte rese di sostanze chimiche utili. Le condizioni sono molto importanti e devono essere scelte con attenzione per evitare che il carbonio (carbone) sia il prodotto principale (anche se potrebbe essere usato come combustibile utile). Un modo che si sta tentando è quello di utilizzare tempi di reazione molto brevi, un processo noto come pirolisi veloce, a circa 750-800 K. Alcuni studi hanno dimostrato che se la biomassa viene pre-riscaldata delicatamente a circa 500 K  (un processo noto come torreficazione), i rendimenti in prodotti volatili vengono aumentati.

Il liquido che viene prodotto, biopetrolio, è una miscela di composti ossigenati tra cui alcoli, aldeidi, chetoni e fenoli. Può essere bruciato per produrre calore, ma diventerebbe più prezioso se potesse essere trasformato in un combustibile liquido (per motori a benzina e diesel) o come fonte di materie prime chimiche.

Il biopetrolio può essere ridotto cataliticamente a idrocarburi. Una via promettente è quella di ridurre la miscela con l’idrogeno su una varietà di catalizzatori (esempi sono il molibdeno con nichel o cobalto su un supporto di allumina). La miscela di idrocarburi può subire cracking, in modo simile al cracking del gasolio, per produrre un gas, contenente alcani e alcheni e un liquido simile alla nafta che può subire steam cracking per produrre etene, propene e buta-1,3-diene. Queste sono tutte materie prime per la produzione di una vasta gamma di importanti composti chimici.

In alternativa, altre vie possono portare ad un’alta percentuale di idrocarburi aromatici (benzene e metilbenzeni, come toluene e xileni) che potrebbero essere utilizzati nella benzina, per migliorare il suo numero di ottano o come materia prima chimica.

La pirolisi delle biomasse può essere eseguita presso la bioraffineria stessa o in unità decentrate più vicine al sito di produzione/raccolta della biomassa. Spostando questa attività questo vicino al luogo di raccolta, i problemi del trasporto della biomassa di bassa qualità, che è molto ingombrante, ad alto contenuto d’acqua, instabile (digestione biologica) e difficile da trasportare in modo efficiente, vengono ridotti trasportando di biopetrolio, che è molto più denso e con un contenuto d’acqua significativamente ridotto.

Gas di sintesi naturale

A prima vista, le parole naturale e sintetico all’interno del termine gas naturale sintetico sembrano essere un paradosso. Il gas di sintesi naturale è infatti il metano prodotto sinteticamente dalla biomassa. La digestione anaerobica è il trattamento della biomassa non legnosa da parte di microrganismi in assenza di ossigeno. I prodotti della digestione sono il biogas (una miscela di metano e anidride carbonica) e il digestato (un rifiuto ricco di nutrienti). Il biogas può essere bruciato per generare calore ed energia o ulteriormente trasformato in un combustibile liquido. Il digestato può essere usato per condizionare il suolo.

Alcune preoccupazioni sui biocarburanti

Tre sono le forze trainanti per la produzione di biocarburanti:

  • il risparmio di una preziosa risorsa finita – i combustibili fossili diventeranno più costosi man mano che diventano più scarsi
  • il cambiamento climatico – è necessario ridurre le emissioni di anidride carbonica
  • la sicurezza energetica – i paesi con una carenza di petrolio greggio e gas naturale ritengono di essere vulnerabili e vogliono sviluppare le proprie forniture di carburante.

Tuttavia, ci sono critiche alla produzione su larga scala di tutti i biocarburanti. In primo luogo, il cibo sta diventando sempre più scarso poiché le piante per produrre biocarburanti vengono coltivate su terreni che altrimenti potrebbero essere utilizzati per la produzione alimentare. Ci sarà un conseguente aumento del prezzo del cibo che colpirà in particolare i poveri nei paesi in via di sviluppo. Sebbene questa critica sia di solito rivolta alla produzione di bioetanolo, si applica anche alla produzione di oli di palma per il biodiesel e altri biocarburanti.

In secondo luogo, l’energia viene utilizzata per produrre le colture (nella produzione del fertilizzante, nella semina, nella cura e nel raccolto delle colture e nel loro trasporto alle raffinerie). L’energia viene utilizzata anche nei processi di fermentazione e nella successiva purificazione dei carburanti. Alcuni dei metodi per la produzione di biocarburanti sono in realtà ritenuti causa di grandi danni all’ambiente. Per questo molto lavoro è stato dedicato a garantire che gli apporti di energia siano ridotti in modo sostanziale e che l’anidride carbonica prodotta venga catturata. Uno sviluppo promettente è la produzione di bioetanolo dal grano, che viene perseguita nel Regno Unito e in altri sei paesi europei. Oltre al bioetanolo, viene prodotto un mangime animale particolarmente nutriente (un concentrato di proteine del grano) (Figura 2) e l’anidride carbonica viene catturata e utilizzata nell’industria alimentare e agricola. L’energia non necessaria per il processo viene poi immessa nella rete elettrica. Tuttavia, anche se tutti i processi di produzione sono ottimizzati utilizzando la tecnologia e le conoscenze attuali, i biocarburanti provenienti da colture agricole possono sostituire solo una percentuale relativamente piccola di carburanti per il trasporto e quindi attualmente non offrono la soluzione più significativa alle grandi sfide ambientali che il mondo si trova ad affrontare.

Ultimo aggiornamento 5 aprile 2014

Edizione italiana a cura di Massimo Magnani, Angela Costanzo e Valter Ballantini 25 novembre 2020

Foto in alto da Khamkéo Vilaysing on Unsplash