Cosa sono le microplastiche? Quali tipi esistono e come si formano?
Dagli anni ’60, la produzione globale di plastica è aumentata di circa l’8,7% all’anno. Oggi, è un’industria globale da 600 miliardi di dollari il cui ciclo di vita è responsabile di circa 8 milioni di tonnellate di plastica che entrano negli oceani ogni anno. Sebbene la plastica sia percepita come una preoccupazione enorme, ce n’è una più grande ancora (anche se più piccola): particelle di plastica microscopiche di dimensioni inferiori a 5 millimetri (0,2 pollici) chiamate microplastiche. Questa definizione include comunemente pezzi di plastica in nano-scala, < 1 μm di dimensione.
Ne esistono due tipi: microplastiche primarie e microplastiche secondarie.
Le microplastiche primarie sono direttamente destinate a scopi commerciali. Queste includono:
- Nurdles: piccole palline che messe insieme, fuse e modellate per fare forme di plastica più grandi;
- Microsfere: che sono usate nei prodotti per la cura personale per aiutare lo scrub della pelle morta;
- Fibre: molti vestiti oggi sono fatti di fibre di plastica sintetica come il nylon e il polietilene tereftalato (PET) che una volta lavati si staccano dai vestiti e passano attraverso gli impianti di depurazione fino a raggiungere l’oceano.
Ci sono anche microplastiche secondarie che si formano quando grandi pezzi di plastica originali si rompono in milioni di pezzi più piccoli. Secondo uno studio pubblicato nel Journal of Macromolecular Science, il grado di degradazione della plastica dipende da fattori come il tipo di polimero, l’età e le condizioni ambientali come la temperatura, l’irradiazione atmosferica e il pH.
Quando la plastica entra nell’oceano, il tasso di degradazione e la persistenza della plastica differiscono a seconda del polimero, della forma, della densità e dello scopo della plastica stessa.
Categoria della particella | Dimensioni |
Nanoplastiche | < 0,0001 (0,1 µm) |
Microplastiche piccole | 0,0001 - 1 |
Microplastiche grandi | 1 - 5 |
Mesoplastiche | 5 - 200 |
Macroplastiche | > 200 |
Da dove vengono la plastica e la microplastica?
Le materie plastiche hanno origine sia sulla terraferma che nell’oceano. Le stime suggeriscono che circa il 70-80% della plastica oceanica ha fonti terrestri, mentre il 20-30% della plastica proviene da fonti marine. Per quanto riguarda i materiali plastici provenienti da fonti marine, si stima che la metà sia causata dalle flotte di pesca che lasciano dietro di sé reti da pesca, lenze, corde e talvolta imbarcazioni abbandonate.
Per quanto riguarda i rifiuti terrestri, i materiali plastici scartati entrano nell’ambiente marino come spazzatura, scarichi industriali o rifiuti attraverso le vie d’acqua interne, i deflussi di acque reflue e il trasporto eolico. Mentre il 25% degli scarichi terrestri proviene dal sistema di gestione dei rifiuti, la fetta più grande, il 75%, è costituita da rifiuti non raccolti.
I rifiuti non raccolti sono indistintamente legati e proporzionalmente associati allo sviluppo economico, alle infrastrutture locali e alla legislazione. Anche la geografia, la cultura e il contesto locale e le maree giocano un ruolo importante, il che aiuta a spiegare perché il 52% della massa di plastica del Pacific Trash Vortex è stimato essere composto da lenze, corde e reti da pesca.
Dove sono state trovate finora le microplastiche?
La plastica è progettata per durare e, di conseguenza, impiega molto tempo a rompersi – ecco perché quasi tutta la plastica mai creata esiste ancora oggi in qualche forma. Ma dove finiscono tutte le minuscole particelle di plastica?
1 – Le microplastiche trovate nell’acqua in bottiglia
The Orb Media ha condotto uno studio presso i laboratori della Fredonia State University di New York il cui rapporto è uscito nel 2018 e ha rapidamente ottenuto l’attenzione della gente in tutto il mondo.
I ricercatori hanno campionato 259 bottiglie d’acqua acquistate da 19 luoghi diversi in 9 paesi del mondo usando il colorante rosso Nilo per rilevare le particelle di plastica nell’acqua – il colorante tende a trattenersi sulla superficie della plastica ma non sulla maggior parte dei materiali naturali. Hanno scoperto che quasi tutte le bottiglie d’acqua testate (93%) avevano microplastiche all’interno.
Gli scienziati hanno finito per stimare che in media, un litro di acqua in bottiglia ha circa 10,4 minuscole particelle di plastica all’interno che le persone ingoiano quando bevono. Inoltre, i ricercatori hanno trovato, in media, circa 315 microparticelle per ogni bottiglia da 1 litro.
2 – Trovate nelle bustine di tè
Molti consumatori stanno diventando sempre più consapevoli e preoccupati degli impatti dell’inquinamento da plastica e chiedono la riduzione della plastica monouso. Ciononostante, alcuni produttori stanno creando nuovi imballaggi di plastica per sostituire i tradizionali usi della carta, come le bustine di plastica per il tè.
Uno studio peer-reviewed del 2019, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology, ha dimostrato che la macerazione di una singola bustina di plastica a temperatura di infusione (95 °C) rilascia circa 11,6 miliardi di microplastiche e 3,1 miliardi di nano-plastiche in una singola tazza della bevanda.
3 – Trovate nella birra
In uno studio pubblicato nel Food Additives & Contaminants Journal, un totale di 24 marche di birra tedesca sono state analizzate alla ricerca di fibre microplastiche, frammenti e materiale granulare.
Dodici di questi erano del tipo Pilsener regolare, cinque erano birre di frumento e sette erano Pilsener senza alcol. In tutti i 24 campioni di birra sono state trovate microplastiche. La maggior parte delle fibre erano trasparenti, ma erano presenti anche quelle blu, nere o verdi. I frammenti e le particelle granulari erano biancastri o trasparenti con l’occasionale presenza di quelli verdi e gialli.
Anche se il numero di microplastiche nella birra di per sé non è allarmante, la loro presenza in una bevanda così comune come la birra indica che l’ambiente umano, in larga misura, è contaminato da polimeri sintetici di micro dimensioni.
4 – La microplastica trovata nella pioggia
Gli scienziati della U.S. Geological Survey (USGS) hanno recentemente (2019) analizzato campioni di acqua piovana del Colorado. Più specificamente, i campioni di deposizione atmosferica sono stati raccolti in 6 siti nel corridoio urbano di Denver-Boulder e 2 siti adiacenti nel Colorado Front Range.
Nel rapporto intitolato “It Is Raining Plastic” (Piove plastica) i ricercatori dello studio hanno scritto di aver trovato plastica in circa il 90% dei campioni di acqua piovana raccolti da tutti i 6 siti. I materiali plastici trovati erano per lo più fibre che erano visibili solo al microscopio e che erano presenti in una varietà di colori: sono stati individuate particelle di plastica come perline e frammenti.
Nella sezione di discussione, i ricercatori dicono che sono necessari metodi migliori per il campionamento, l’identificazione e la quantificazione della deposizione di plastica insieme a una valutazione dei potenziali effetti ambientali.
5 – Trovata nell’aria atmosferica
Uno studio pubblicato nell’aprile 2019 su Nature Geoscience racconta i risultati di un team di ricercatori che ha raccolto, per 5 mesi, durante l’inverno 2017-2018, hanno raccolto i campioni di deposizione atmosferica di microplastica in un bacino montano remoto e incontaminato nei Pirenei francesi.
Dopo aver analizzato questi campioni, hanno trovato minuscoli pezzi di inquinamento plastico che “piovevano dal cielo” ad un tasso giornaliero di 365 particelle di microplastica per metro quadrato. In un’area dove non c’erano fonti evidenti di microplastiche nel raggio di quasi 100 chilometri, i conteggi giornalieri hanno raggiunto 249 frammenti, 73 film e 44 fibre per metro quadrato che si sono depositati nel bacino.
Il team dietro lo studio suggerisce che le microplastiche possono muoversi e influenzare aree remote e scarsamente abitate attraverso il trasporto atmosferico. Inoltre, la traiettoria della massa d’aria e le considerazioni sull’assestamento suggeriscono che le fonti di emissione di microplastiche siano almeno regionali (>100 km) data la densità di popolazione all’interno dell’area locale.
6 – Trovata nella brezza marina che giunge a terra
I ricercatori dell’Università di Strathclyde e dell’Observatoire Midi-Pyrénées dell’Università di Tolosa, il cui lavoro congiunto è stato recentemente pubblicato sulla rivista PLOS One, hanno usato un “acchiappanuvole” posto sulla cima di una duna di sabbia per raccogliere la brezza marina in Francia e analizzarla.
Sono stati raccolti diversi campioni d’acqua da varie direzioni e velocità del vento, tra cui una tempesta e nebbia marina. Dopo averli esaminati, i ricercatori hanno trovato microplastiche nella nebbia di mare che erano tra 5 micrometri e fino a 140 micrometri di lunghezza. Il conteggio più alto è stato causato dal surf e sono state trovate 19 particelle di plastica per metro cubo d’aria.
Questo studio è rilevante perché permette di trarre conclusioni sul fatto che alcune particelle di plastica potrebbero lasciare il mare ed entrare nell’atmosfera insieme al sale marino, ai batteri, ai virus e alle alghe.
7 – Microplastiche trovate nelle feci umane
Uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine e guidato da un team dell’Università di Medicina di Vienna in Austria e l’Agenzia per l’ambiente austriaca ha indagato alcune notizie spiacevoli: l’ingestione di microplastiche.
I ricercatori hanno chiesto a 8 partecipanti di fornire loro campioni di feci per una settimana, così come le registrazioni del cibo che avevano mangiato durante quel periodo – che comprendeva pesce, cibo avvolto o bottiglie d’acqua per 10 tipi di plastica.
I campioni di feci umane sono stati testati per 10 tipi di plastica e sono state trovate 9 diverse plastiche, con dimensioni che vanno da 50 a 500 micrometri. In media, i campioni di feci umane contenevano 20 particelle di microplastica per 10g di feci.
Il Dr. Philipp Schwabl, un co-autore dello studio, ha detto che sono necessarie indagini più ampie per convalidare questi risultati. Ha anche messo in guardia sull’importanza di ricercare il potenziale assorbimento intestinale delle microplastiche da parte degli esseri umani, nonché i loro effetti sulla salute umana.
8 – Microplastica trovata nei sali
Oltre ad essere utilizzati come metodo di conservazione del cibo, i sali forniscono anche elementi nutrizionali essenziali per gli esseri umani. Il cibo che mangiamo, le bevande che beviamo e persino i prodotti cosmetici e farmaceutici hanno sali nella loro composizione. Gli esseri umani usano i sali commerciali ogni giorno. Essi rappresentano quindi una via di esposizione a lungo termine per la popolazione generale.
In una revisione della letteratura riguardante la contaminazione dei sali commerciali marini (origini marine e terrestri), Peixoto et. al (2019) affermano che sono state trovate microplastiche nei sali marini di 128 marche di sale da 38 regioni diverse, che si estendono su cinque continenti.
Secondo la stessa rassegna, il 90% dei campioni di sali commerciali analizzati conteneva microplastiche, con concentrazioni che raggiungevano 19800 particelle/kg-1. Questo significa che il tipico consumatore di sale potrebbe ingerire 36135 particelle/anno-1.
Il fatto che molte saline si trovino in zone costiere impattate dall’uomo, il che le lascia generalmente esposte a diversi contaminanti, aiuta a spiegare questi risultati. Se si indaga nella della letteratura scientifica si troverà una rassegna di varie analisi del sale in cui la densità di microplastiche trovate divergono drammaticamente a seconda di diversi fattori, tra cui la posizione geografica in cui ci si trova.
9 – Microplastica trovata nel ghiaccio artico
Gli scienziati che hanno condotto uno studio recentemente (2019) pubblicato su Science Advances hanno trovato plastica nei galleggianti di ghiaccio dello stretto di Fram, il passaggio che collega l’Oceano Artico al resto degli oceani del mondo.
Gli scienziati ipotizzano che l’inquinamento microplastico atmosferico può essere variabile sia nel tempo che nello spazio con conseguente grandi differenze di microplastiche che cadono attraverso la neve. Suggeriscono inoltre che anche le condizioni locali del vento possono giocare un ruolo.
10 – Le microplastiche sono state trovate in animali, pesci e frutti di mare
Gli animali marini sono stati esposti alle microplastiche? Sì, a causa delle loro piccole dimensioni, le microplastiche possono essere ingerite da una grande varietà di organismi marini. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2016, oltre 800 specie animali sono state contaminate dalla plastica per ingestione o impigliamento (69% in più rispetto al 1977). Di queste 800 specie, 220 sono state trovate ad ingerire detriti di microplastica in natura.
L’ingestione di plastica avviene a diversi livelli trofici, tra cui mammiferi marini, pesci, invertebrati e uccelli che si nutrono di pesce, e le particelle di plastica si trovano spesso nei tratti digestivi degli organismi. Con una preferenza per le particelle più piccole, le micro e nano plastiche possono persistere nel corpo dell’animale e passare dal tratto intestinale al sistema circolatorio o ai tessuti circostanti.
Uno studio intitolato Microplastics in Seafood and the Implications for Human Health di Smith et. al (2018) descrive le prove riguardanti l’esposizione umana alle microplastiche attraverso i frutti di mare. Nella sua revisione della letteratura, descrive che l’ingestione di microplastiche è stata documentata in organismi planctonici e larve alla base della catena alimentare, così come in piccoli e grandi invertebrati e nei pesci.
Le particelle di plastica si trovano spesso concentrate nei tratti digestivi degli organismi, così che i bivalvi e i piccoli pesci consumati interi hanno maggiori probabilità di esporre le microplastiche alla dieta umana.
Le microplastiche sono pericolose per la salute umana?
Come abbiamo appena visto, come risultato della diffusa contaminazione da plastica, le microplastiche vengono ingerite da molte specie di fauna selvatica. Poiché queste microplastiche sono associate a sostanze chimiche (dalla produzione e altre assorbite dall’ambiente circostante), lo studio delle microplastiche trovate nei frutti di mare e nei pesci è fondamentale per capire il loro potenziale impatto sulla salute umana.
Quindi, le microplastiche sono pericolose per la salute umana? Gli effetti sulla salute umana dipendono dalle concentrazioni di esposizione e a causa delle lacune dei dati nella ricerca sulle microplastiche, non ci sono abbastanza informazioni per valutare la vera quantità di microplastiche a cui gli esseri umani possono essere esposti attraverso il cibo, così come qual è esattamente il loro impatto.
Alcune organizzazioni hanno fatto osservazioni sulle microplastiche e la salute umana. È il caso dell‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che sostiene, per quanto riguarda l’acqua potabile, che “le microplastiche si trovano sempre più spesso nell’acqua potabile, ma non ci sono prove finora che questo rappresenti un rischio per gli esseri umani.” Si sa anche che il sistema escretore del corpo umano elimina le microplastiche, smaltendo probabilmente > 90% delle micro e nano plastiche ingerite attraverso le feci.
Tuttavia, altri studi suggeriscono che le microplastiche con caratteristiche particolari possono muoversi attraverso le cellule viventi, “come le cellule M o le cellule dendritiche, verso il sistema linfatico e/o circolatorio, si accumulano negli organi secondari e hanno un impatto sul sistema immunitario e sulla salute delle cellule”. Inoltre, secondo Wright e Kelly (2017), le microplastiche ingerite possono causare infiammazione nei tessuti, proliferazione cellulare e necrosi e possono compromettere le cellule immunitarie.
Gli effetti fisici delle microplastiche accumulate sono meno compresi rispetto alla distribuzione e allo stoccaggio dei tossici nel corpo umano. Tuttavia, la ricerca preliminare come quella di Wright e Kelly (2017), ha mostrato diversi impatti potenzialmente preoccupanti delle microplastiche sulla salute umana. Questi includono una maggiore risposta infiammatoria, la tossicità legata alle dimensioni delle particelle di plastica, il trasferimento chimico degli inquinanti chimici adsorbiti e l’interruzione del microbioma intestinale.
Una cosa sembra chiara, ulteriori ricerche per capire e ridurre i rischi per la salute umana sono molto importanti. Allo stesso tempo, le pratiche di economia circolare che riducono la quantità di plastica prodotta o addirittura la sostituiscono, così come scommettere su processi e impianti di trattamento dei rifiuti è fondamentale per ridurre il danno causato dalla plastica in tutti gli ecosistemi umani.
L’articolo originale può essere trovato qui.
A quali soluzioni sta lavorando l’UE?
Nel settembre 2018, i deputati del Parlamento Europeo hanno approvato una strategia per la plastica che mira ad aumentare il tasso di riciclaggio dei rifiuti plastici nell’UE. Inoltre, hanno chiesto alla Commissione europea di introdurre un divieto in tutta l’UE di microplastiche aggiunte intenzionalmente in prodotti come cosmetici e detergenti entro il 2020 (seppure non rappresentino la fonte principale da cui derivano le microplastiche), e di adottare misure per ridurre al minimo il rilascio di microplastiche da tessuti, pneumatici, vernici e mozziconi di sigarette.
Nell’ottobre 2018, il Parlamento ha appoggiato un divieto dell’UE su alcuni prodotti di plastica monouso che si trovano ampiamente nei mari e che hanno già disponibili sostituti non plastici. I deputati hanno aggiunto la plastica oxo-degradabile alla lista degli articoli da vietare. Le plastiche oxo-degradabili sono plastiche convenzionali che si rompono facilmente in pezzi minuscoli a causa di additivi e contribuiscono all’inquinamento microplastico negli oceani.
Nel 2015, il Parlamento ha votato a favore di una restrizione dei sacchetti di plastica leggeri nell’UE.
Un video di Beatrice Mautino (@divagatrice) su Instagram sull’argomento, focalizzato sulle microplastiche nei cosmetici.
Traduzione italiana a cura di Valter Ballantini, 8 febbraio 2021.
Foto in alto di Tim Hüfner su Unsplash